Il neo-chavismo dei dilettanti allo sbaraglio

Nato per combattere il precariato il cosiddetto “decreto dignità” servirà esclusivamente ad aumentare la disoccupazione. Di fronte al rischio di onerosi contenziosi giudiziari provocato dal provvedimento fortemente voluto dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio, non ci sarà un solo imprenditore preoccupato di tenere in piedi la propria azienda che si sognerà di procedere a nuove assunzioni. Che dire poi delle aziende condannate alla delocalizzazione per l’eccessiva pressione fiscale e burocratica italiana? Come si comporteranno di fronte alla prospettiva di dover restituire con interessi usurari gli eventuali benefici ottenuti dallo stato in caso di trasferimento all’estero? Pagheranno e fuggiranno oppure scaricheranno i loro problemi e le loro precarietà sulla cassa integrazione e l’uscita dalla produzione e dal mercato?

Le critiche al decreto, dunque, non mancano. Ma la principale è di natura culturale. Perché il provvedimento è figlio di una concezione autoritaria che non deriva neppure dal dirigismo d’ispirazione marxista della seconda metà del secolo scorso ma è una diretta emanazione del più recente chavismo e madurismo venezuelano adattato alla realtà italiana.

Non stupisce che Di Maio faccia riferimento a queste concezioni dando per scontato che il lavoro nasca dai decreti e non dallo sviluppo e che la società nazionale sia chiusa e sbarrata agli effetti dell’economia europea e mondiale. Anche se lo scambia per il Cile il suo riferimento culturale è il Venezuela oppresso dai post-fascisti del Sud America. Ciò che stupisce è che per non entrare immediatamente in conflitto con l’alleato contingente del governo la Lega abbia accettato un provvedimento che rappresenta una sberla in faccia per quella parte del proprio elettorato formata dai ceti produttivi delle regioni settentrionali.

Questi ceti hanno dato e danno fiducia al messaggio portato avanti da Matteo Salvini nella convinzione che il cambiamento significhi la liberazione dell’economia dal peso insopportabile del dirigismo e burocraticismo dei decenni di egemonia cattocomunista. Ma che succede se si accorgono che il cambiamento della liberazione diventa il cambiamento della regressione verso l’autoritarismo chavista dei dilettanti allo sbaraglio?

 

 

Aggiornato il 04 luglio 2018 alle ore 13:29