M5S senza confronto in una tv che non protesta

giovedì 5 luglio 2018


Si sa, un comizio vale una messa. E un comizio in televisione vale una messa cantata. Sembra una battuta da osteria, ma applicata al modus operandi, al modo di fare politica del Movimento 5 Stelle, la messa cantata è sempre più frequente, ma a una condizione: che il prete sia uno di loro e che, soprattutto, solo lui possa parlare. Anzi, predicare.

E un comizio non è forse una predica? Figuriamoci sulle televisioni cui, peraltro, il gran capo Di Luigi Maio preferisce Netflix annunciando loro, a Rai e Mediaset, un imminente funerale (ma intanto c’è da lottizzare, pardon, ottimizzare la Rai). Comiziando comiziando, prediche su prediche, annuncio dopo annuncio, la messa continua. E non è forse un annuncio, sia pure camuffato da decreto governativo (a proposito, Giuseppe Conte che fine ha fatto?), la leggendaria “Dignità” come ci sta spiegando il vice presidente del Consiglio grillino da una tivù all’altra, sia pubblica che privata, sulle quali primeggia l’inconfondibile numero che viene dopo il sei? Peraltro, anche i canali Mediaset non scherzano e non hanno scherzato in una campagna elettorale contrassegnata da catastrofismi quotidiani, artefice la immonda Casta colpevole di ogni disastro (non solo morale), della povertà dilagante, della corruzione onnipresente. Largo agli onesti!

Va pure aggiunto che, a rigor di logica lo spettatore non è obbligato a tenere un canale fisso con un Di Maio comiziante a tutte le ore, ma il fatto è che, cambiando canale, c’è ancora e sempre lui, l’immaginifico a Palazzo Chigi che loda e, va da sé, s’imbroda, ma non smette, anche perché non c’è e non vuole un avversario politico che glielo dica, sia pure moderatamente, en passant.

Semmai, dovrebbe qualche conduttore osare ciò che fino a ora non è stato osato, ovverosia proporre un patto o anche un contratto – che va più di moda – che preveda la partecipazione di un non grillino, di un politico che non la pensa come la ditta Di Maio-Grillo-Casaleggio.

Non pervenuto, a quanto ci risulta, questo patto o contratto, e immaginiamo che uno dei motivi addotti per questa assenza riguarda l’obbligo dell’informazione, la funzione primaria della tivù, la necessità di un’esclusiva offerta ,altrimenti c’è un’altra tivù che si offre. E il tutto, ovviamente, in nome e per conto di quel pluralismo di cui i grillini ci hanno riempito la testa, ordinando come condizione che non lo si applichi alle loro presenze televisive perché loro sono il nuovo che avanza, la vera e unica alternativa, innanzitutto morale, al corrotto, bugiardo, infame e lottizzatorio sistema partitico di prima.

Complimenti alla premiata ditta di cui sopra ma anche all’obbedienza dei conduttori a un sorta di diktat che, peraltro, sta rivelando limiti sempre più vistosi, inadeguatezza, incapacità, improvvisazioni e, soprattutto, demagogia e populismo. Chiedono e ottengono obbedienza come quel prepotente citato dall’immenso Giovenale duemila anni fa circa: “Hoc volo, sic iubeo, sit pro ratione voluntas”, così voglio, così comando: il mio volere è legge.

Sì, ma fino a quando?


di Paolo Pillitteri