Da Forza Italia a Forza Europa, un passaggio vicino

I sondaggi, si sa, sono impietosi. Soprattutto per chi ne aveva gustato i sapori in tempi di vacche grasse, politicamente parlando, si capisce.

E la Forza Italia di oggi, tanto per non fare nomi, deve registrare un prima e un dopo, quando cioè le raccolte elettorali erano fruttuose e, va pure aggiunto, anche il Cavaliere era diverso (e non soltanto più giovane). Nel senso, cioè, che il suo avvento elettorale coincideva con la morte della Prima Repubblica e Silvio Berlusconi, sia pure coadiuvato da un imponente apparato mediatico proprio, aveva colto, quasi fisicamente, il significato di questo passaggio. Poi, come ricordava un grande romanziere americano, things change, le cose cambiano. Sono cambiate.

L’irruzione giudiziaria che aveva colpito e affondato quelli della Prima Repubblica ha avuto i suoi effetti con Forza Italia, il cui leader ha provato sulla propria pelle e del “suo” partito-movimento i pesi quasi insopportabili di un avvento della giustizia, con quel che segue. Ma siccome la vita continua, anche la politica va avanti, va oltre, anche nel passaggio dalla Seconda Repubblica a questa Terza, sia pure con le mutazioni, e non soltanto nominalistiche ma anche e soprattutto politiche sullo sfondo di un grillismo al potere senza essere capace di esercitarlo come si deve (o si dovrebbe...) e di una Lega, meglio sarebbe dire salvinismo, che ha letteralmente capovolto non tanto o soltanto un’alleanza redditizia, ma ha combinato un’alleanza di governo con i nemici più acerrimi di Berlusconi del quale, anche l’altra sera, il Presidente della Camera grillino ha ripreso il tema del leggendario conflitto d’interessi che il renzismo, pace all’anima sua, aveva messo da parte. Forse un qualche duro tiro della giacchetta a Matteo Salvini, qualche seria alzata di scudi a proposito di un’alleanza trattata alla stregua di un ferrovecchio, sarebbe stato un amarcord necessario. Ma tant’è.

La politica ha comunque i suoi appuntamenti non rinviabili e, di certo, quello delle elezioni europee del prossimo anno rappresenta, a un tempo, un passaggio obbligato e una verifica per una Forza Italia il cui leader si è posto l’obiettivo di un exploit a queste elezioni facendo meglio della Lega ma, pratico del mestiere, si interroga sui sondaggi divenuti ormai una specie di Bibbia, ma del giorno prima. Sondaggi di vario genere che, a cominciare dall’Istituto Piepoli, collocano il Cavaliere al 12 per cento mentre Euromedia parla di una stima intorno al 10 per cento ed entrambi comunque narrano di una Forza Italia in condizioni non positive ma neppure disastrose, mentre dal canto loro, sia Ipsos (8,3%) che Swg (7,7%), segnalano un calo più marcato.

Ma, al di là di queste Bibbie del giorno prima, il punto vero su cui sarebbe obbligatoria una riflessione degna di questo nome, con relativi provvedimenti, riguarda proprio quel movimento, trionfante dieci e più anni fa e oggi in grandi difficoltà non tanto o non soltanto per i voti risucchiati da Salvini (che sperano di recuperare in parte), ma per l’oggettiva stasi interna, una sorta di immobilismo che non prevede seri ricambi, rinnovamenti, ringiovanimenti e, soprattutto, organi nuovi e degni di questo nome in grado di trasformare in fatti le troppe speranze che vengono agitate manco fossero bandiere quando, al contrario, sono pericolose illusioni. Mentre invece occorrono idee, proposte e progetti contro la gestione di un governo che dopo quasi due mesi non ha fatto nulla se non quei vitalizi che sono bensì un’offa indubbiamente popolare, ma dopo? Il bilancio? La sicurezza e l’immigrazione? Lo sviluppo del Paese? L’Europa? E le promesse sbandierate in campagna elettorale dal grillismo di lotta e di governo? Insomma: le riforme, quelle vere, che fine hanno fatto?

Aggiornato il 13 luglio 2018 alle ore 19:33