Dispotismo di Pulcinella

Gli entusiasti elettori del Movimento 5 Stelle sono serviti: il loro capo politico, nonché ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, si sta trasformando in una sorta di pagliaccesco despota. Incalzato dall’attivismo più scaltro del suo antagonista di Governo Matteo Salvini, Luigi Di Maio sembra aver letteralmente sbroccato, come si suol dire. In una serie ininterrotta di assurde prese di posizione e di reazioni eufemisticamente scomposte, stile dittatore della Repubblica di Bananas, questo incredibile personaggio sta letteralmente devastando tutto ciò che incontra sul suo cammino, minando in modo molto serio la già scarsa credibilità dell’Italia nel difficile panorama europeo e mondiale.

In estrema sintesi, l’ex steward dello stadio San Paolo di Napoli ha cominciato il suo inverosimile tour dello sfascio imponendo a tutti i costi il cosiddetto decreto dignità; ossia un novecentesco fritto misto di provvedimenti per combattere la precarietà i quali, chiaramente ispirati alla sinistra linea della Cgil, non possono che peggiorare la condizione generale di un non certo esaltante mercato del lavoro. E quando l’Inps e la Ragioneria dello Stato hanno concretamente stimato in 80mila i posti di lavoro persi con la genialata di “Giggino ’o webmaster”, quest’ultimo è partito a testa bassa vaneggiando di complotti e minacciando di cacciare su due piedi i presunti sabotatori che operano all’interno delle medesime istituzioni pubbliche. Stessa minaccia in stile squadristico Di Maio l’aveva poche ore prima rivolta erga omnes nei riguardi del trattato commerciale col Canada: il Ceta. “Se anche uno solo dei funzionari italiani che rappresentano l’Italia all’estero continuerà a difendere trattati scellerati come il Ceta, sarà rimosso”, così ha tuonato di fronte alla stampa questo inverosimile condensato di arroganza e di profonda ignoranza economica. Ignoranza evidente di fronte a un trattato, per ora vigente solo in via provvisoria, che ha consentito ai nostri esportatori di aumentare dell’11 per cento il nostro già importante surplus commerciale con il grande Paese americano.

Ricordo che attualmente l’Italia esporta in Canada beni per 8,1 miliardi, contro 2,3 miliardi di importazioni. Mentre prima di tale liberalizzazione i nostri prodotti erano gravati di dazi per circa 400 milioni, con il Ceta non pagano nulla. Ma dato che c’è sempre qualcuno che in questi casi ritiene di rimetterci, almeno nel breve periodo, la intollerabile miopia politica di un Di Maio, che lo spinge a cavalcare qualunque protesta, non può che provocare danni molto seri. Come ci ricorda Giorgio Barba Navaretti sul Sole 24 Ore, “volare basso a caccia di consenso è un esercizio pericoloso. Si perde prospettiva e si rischia lo schianto contro qualche improvviso ostacolo”.

Ora, finché si trattava di slogan elettorali e promesse miracolistiche ci si poteva pure ridere sopra. Ma adesso che siamo di fronte a interessi veri, ai quali sono legate molte aziende e migliaia di posti di lavoro, non si può più scherzare. Le folli iniziative del vicepremier Luigi Di Maio, oltre a distruggere materialmente ingenti risorse, non possono che scoraggiare ulteriormente gli investimenti italiani ed esteri, aumentando lo stigma nei riguardi di un sistema Paese dominato da una grave incertezza a tutti i livelli. D’altro canto, chi è quel pazzo che investirebbe i suoi quattrini in una economia di trasformazione come la nostra in cui abbiamo un ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico che propende per una politica di dazi, che pensa di aumentare l’occupazione attraverso tutta una serie di misure punitive e che, fatto senza precedenti, arriva a minacciare sanzioni esemplari per i pubblici dipendenti che non manipolano in suo favore i dati, le proiezioni e i giudizi di merito? In questo senso credo proprio che abbiamo superato ogni limite dell’umana decenza.

Aggiornato il 16 luglio 2018 alle ore 10:55