La tardiva presa di coscienza degli ingenui a 5 Stelle

Quali che siano gli esiti finali delle singole misure economiche del Governo giallo-verde, in particolare quelle ispirate dal Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio, non bisogna essere un genio per comprendere che su una simile linea, contraddistinta da provvedimenti autolesionistici e da un marcato immobilismo su alcuni nodi fondamentali (su tutti il no al Ceta, alla Tav, al gasdotto in Puglia e alla vendita dell’Ilva a una azienda indiana pronta a investire 5 miliardi in una azienda che attualmente, anziché fondere acciaio, brucia 30 milioni di euro al mese di quattrini del contribuente), il Paese andrà rapidamente a sfracellarsi contro un muro di cemento armato.

Ma, nonostante i più che fondati moniti provenienti dall’opposizione e da gran parte del mondo imprenditoriale, a leggere i sondaggi, un marziano appena atterrato su queste lande desolate stenterebbe a credere che l’alleanza impossibile tra Lega e M5S viene accreditata di un 60 per cento di consensi. Una maggioranza bulgara che non trova alcun riscontro concreto nell’azione di un Esecutivo che rischia di passare alla storia come il più disastroso a partire dal dopoguerra. Tant’è che già da tempo i mercati finanziari hanno cominciato a prendere le distanze dall’Italia, così da far lievitare in modo preoccupante lo spread, ossia il termometro che misura in buona sostanza il rischio Paese. Spread che in autunno, con il nodo della legge di Bilancio e di un probabile declassamento del nostro debito sovrano, rischia di portarsi ben oltre i limiti di una sostenibilità di breve periodo.

Eppure una enorme fetta dell’elettorato italiano sembra trovarsi agli antipodi rispetto alla percezione del più globale mondo di chi investe e specula sui mercati finanziari. E la ragione di questa evidente disparità di giudizio è molto semplice, quasi elementare direi. Se infatti chi investe o specula in titoli di Stato è orientato a tenere in gran conto i giudizi e le valutazioni prospettiche degli analisti in merito al Paese emittente, cercando dunque di anticipare le tendenze economiche in atto, l’elettore medio, al contrario, soprattutto in un nazione in cui domina l’analfabetismo funzionale e una informazione complessivamente assai carente, è costretto di volta in volta a sperimentare le balle del pifferaio magico di turno, prima di modificare le proprie preferenze politiche.

D’altro canto, se lo stesso elettore medio italiano, nella cui testa sembra spuntata dal nulla la convinzione che attraverso l’esercizio del voto sia possibile riscrivere persino le leggi della fisica, ha scelto in massa un Movimento che si è presentato con un programma economico privo di alcun fondamento, appare evidente che non bastano due mesi di imbarazzante nullismo per convincerlo di aver preso un abbaglio.

Dato che lo stesso elettore medio italiano è abituato da sempre a votare sulla base della propria personalissima percezione, quando tra qualche tempo si metterà le mani in tasca accorgendosi che esse sono più vuote di prima, quando governavano gli “altri”, allora forse si accorgerà di aver affidato le proprie speranze a una compagine di cialtronissimi dilettanti allo sbaraglio. Solo che, cari ingenui elettori a 5 Stelle, per un sistema che da decenni vive costantemente sull’orlo di un baratro chiamato default potrebbe essere già troppo tardi. Chi è chiamato a ricomprarci ogni anno circa 400 miliardi di titoli del Tesoro non penso che sia disposto ad attendere i risultati già ampiamente scontati dei veti e delle follie dirigiste di Luigi Di Maio.

Di fronte alle catastrofiche aspettative di questa politica fallimentare resteranno in ben pochi a scommettere i propri soldi sull’Italia di Pulcinella. Provare per credere.

Aggiornato il 30 luglio 2018 alle ore 13:19