Un Governo senza opposizione (o quasi)

L’impressione, sia pure allo stato (ancora) vago, è che all’inizio a tambur battente salviniano stia subentrando una leopardiana quiete dopo la tempesta sicché quelli del Movimento 5 Stelle se ne stanno approfittando, peraltro senza grandi risultati, per ora. Non sugli enti da occupare, per carità, cui entrambi dedicano giorni e notti di… lavoro.

Il fatto è che sia Matteo Salvini che Luigi Di Maio sembrano seguire le piste per dir così dell’effimero che consiste essenzialmente nel ripetere in tivù, anche più volte al giorno, promesse di imminenti opere, iniziative, riforme e decisioni aumentandone semmai numeri e grandezze, ma non pare fino ad ora che ne derivino i fatti.

Sembra comunque che a quel Salvini tambureggiante si stia affiancando di gran lena il collega vice presidente del Consiglio incrementando per così dire la gittata e la consistenza in riferimento alle (future) infrastrutture, alle intercettazioni anticorruzione, ai risarcimenti ai licenziati e persino al gioco d’azzardo anche se, a ben vedere e ascoltare, l’impronta e il peso delle decisioni è concentrato bensì sul Governo ma con l’obiettivo suffragato da una forte volontà presenzialista sugli schermi, cioè la Radiotelevisione Italiana, la Rai, ecco. Scelte governative, si capisce e, allora, addio alle leggendarie estrazioni a sorte annunciate come la riforma delle riforme, cioè della democrazia all’opera, benché non si sia ancora visto nei secoli una democrazia fondata più che sul popolo e la sua libera volontà, su un qualcosa che somiglia al gioco del lotto. Ma tant’è. Del resto, proprio il “big boss” del movimento sta dettando un nuovissimo tipo di democrazia giacché quella normale, a quanto pare, è o sarebbe morta, defunta, sepolta e c’è da giurarci che ne vedremo delle belle con il cosiddetto nuovo che avanza.

Peraltro, anche un sistema democratico nuovissimo (a Milano si dice “nuovo di pacca”, forse perché fa un po’ ridere) ha bisogno di un’opposizione nei suoi termini e toni che più aggradano, non dimenticando quella urlata da anni, contro il potere in sé e dunque corrotto, contro tutto e contro tutti in cui il primo premio tocca indubbiamente ai grillini saliti al potere da poco più di due mesi.

Il punto vero è dunque l’opposizione della quale nessun sistema fondato sulla volontà popolare e sui partiti diversi può fare a meno. A meno che sia l’opposizione in sé a mancare, a latitare, a non fari sentire e valere nelle sedi a ciò preposte che non sono soltanto Camera e Senato ma i mezzi di informazione, di comunicazione, di visibilità. E il bello è che un’offerta grande e grossa alla discussione e a chi dissente è il decreto dall’altisonante nome di “Dignità”.

Un decreto che è, o meglio sarebbe, il banco di prova eccellente per chi non ne è d’accordo anche e soprattutto là dove - e il nostro giornale ne ha parlato più volte - si affrontano, da parte di comanda per scelta democratica del 4 marzo scorso, i grandi temi del presente e del futuro del Paese, dello Stato, della società, fra cui la crescita economica e sociale. A tal proposito è stato rilevato (da D. Cacopardo) non tanto o non soltanto il peso delle decisioni proposte ma, come introduzione a suo modo esemplare, una frasetta dell’incontenibile Di Maio, che è pure ministro dello Sviluppo economico, a proposito degli imprenditori definiti “prenditori” per l’ipotesi in cui delocalizzino nel territorio Ue; che è comunque una scelta legale, niente affatto perseguibile e persino auspicabile basti pensare alle infinità di lacci, lacciuoli, ostilità e freni burocratici che caratterizzano non poche se non tutte le attività produttive sol che si pensi a certe regioni cui dovrebbero essere attribuiti primi premi per la peggiore gestione.

C’è sempre un perché per dir così filosofico-ideologico a simili atteggiamenti e consiste nella apodittica, inappellabile condanna del “prima di noi”, cioè nella presunzione, nella sicurezza, nella certezza che tutto quanto sia stato fatto nel passato sia letteralmente da buttare per i suoi sbagli - frutto in primis della deprecatissima (a parole) lottizzazione, la stessa praticata dai “nuovi” in questi giorni - e che coloro che vi hanno collaborato siano comunque da rimuovere. Sembra un dettaglio nel grande bailamme che osserviamo, peraltro sempre meno stupiti anche e soprattutto perché non si vede un’opposizione degna di questo nome, per lo meno a fare e farci vedere che esiste, e che è comunque indispensabile sia per il presente sia per il futuro prossimo, ovvero le Europee dell’anno che viene per le quali, invece, sia Lega che M5S sono sempre in dispiego di promesse proseguendo sull’onda e sui toni, ma non nella sostanza, della campagna elettorale di qualche mese fa.

Qualche critico (ma non sono molti, anzi) più scrupoloso può farci notare che un quadro del genere ha dei contraccolpi negativi su una maggioranza che, privata dello stimolo del dissenso - che non c’è salvo piccole “uscite” - non può o non potrebbe dare il meglio di se stessa in un quadro nazionale, europeo e internazionale interconnesso. Il problema, semmai, andrebbe capovolto nel senso e nella misura che riguarda soprattutto chi sta all’opposizione. Per diventare maggioranza. Se lo vuole...

Aggiornato il 31 luglio 2018 alle ore 11:48