La guerra di Luigi Di Maio contro il Coni

È difficile stabilire chi abbia ragione e chi torto nella vicenda delle Olimpiadi invernali. C’è chi se la prende con le resistenze dei grillini torinesi. Chi con le pretese egemoniche del sindaco di Milano, Beppe Sala. E chi con l’atteggiamento troppo misurato della Regione Veneto e di Cortina. Volendo si può indifferentemente accusare l’eccesso di municipalismo delle tre città interessate all’evento o il municipalismo in generale inteso come vizio congenito di un Paese incapace di uscire dal retaggio storico dell’era comunale.

Questo esercizio produce tanti possibili colpevoli. Cioè nessun colpevole certo a cui rimproverare colpe inequivocabili e far pagare i propri errori.

In tanta indeterminatezza, però, c’è chi non ha avuto alcun dubbio nell’individuare un colpevole unico su cui scaricare la responsabilità del fallimento della candidatura a tre teste e a cui far pagare la colpa contestata. Questo giudice inappellabile si chiama Luigi Di Maio che, invece di prendersela con questa o quella città, con questo o quel sindaco, con questo o quel Governatore, è partito senza alcuna esitazione all’attacco del Coni a cui ha rivolto l’accusa di aver provocato il disastro a causa della sua ritrosia nel rivelare gli sprechi che le Olimpiadi a tre teste avrebbero fatalmente determinato.

La requisitoria preventiva di Luigi Di Maio non ha suscitato particolare stupore. Il capo politico dei Cinque Stelle è ormai da tempo entrato nel ruolo del Minosse che giudica e manda secondo ch’avvinghia. E scoprire che l’ultimo in ordine di tempo dei suoi imputati e condannati è il Coni non provoca particolari emozioni nell’opinione pubblica. Tra gli addetti ai lavori, invece, l’iniziativa di Luigi Di Maio ha acceso la luce sulla prossima azione punitiva del giovane manganellatore di Pomigliano d’Arco. Quella diretta contro il presidente del Coni, Giovanni Malagò, colpevole agli occhi dei grillini di essere troppo compromesso con il precedente regime e destinato a pagare il filo di questa sua colpa in cui è inserito anche l’eccesso di zelo del presidente del Coni per quella Olimpiade che avrebbe potuto tenersi a Roma e che Virginia Raggi ha bocciato in quanto foriera di chissà quanti sprechi.

Malagò è troppo esperto per non cogliere il senso della sortita di Luigi Di Maio. Ai meno esperti va comunque fornita la notizia che i grillini hanno iniziato la guerra per la conquista del Coni!

Aggiornato il 20 settembre 2018 alle ore 11:43