L’uso alternativo dell’ingiustizia

Teorizzavano, un gruppo di giovani magistrati, l’uso alternativo della giustizia. Una giustizia che, in alternativa alla propria storica funzione di applicare le leggi, la superasse contribuendo ad una legislazione nuova, espressione di una società diversa, rivoluzionaria. Erano i magistrati di M.D. quasi tutti giovani, geniali, generosi. Poi l’uso alternativo si è diffuso, diventando quello che necessariamente è: un’alternativa, qualcosa di diverso rispetto all’applicazione della legge, al fare giustizia. Un’autoinvestitura del potere di fare qualcosa di diverso dalla giustizia.

Insomma, senza menarla troppo per le lunghe, il potere di fare ingiustizia. Il potere e basta. Da una teoria bizzarra e coraggiosa questa è diventata prevaricazione di cui tutta la casta dei magistrati si è intesa investita. Un potere che un mio vecchio compagno di Università, Magistrato amava sintetizzare in una battura falsamente ironica: “Il potere è bello perché se ne può abusare”. Trovata l’unità delle correnti nel comune potere dell’abuso, i magistrati sembrano ora essersi nuovamente divisi. Non tanto tra quelli che professano l’abuso e quelli che lo respingono (che sono sempre di meno).

Si sta creando un solco nuovo: tra abusatori di Destra e di Sinistra. E benché Sinistra e Destra va a vedere che fine hanno fatto, se le sono inventate e hanno dato loro corpo nelle diverse modalità e finalità dell’abuso. Una volta il nostro era il Paese di Guelfi e dei Ghibellini. E, poi, i Guelfi si distinguevano tra bianchi e neri. Oggi, scomparsi i partiti politici, riemergono furiose le fazioni degli abusatori: di Destra, di Sinistra, di Centro. Ognuno con le sue tifoserie. E forse con qualcos’altro. Ma è meglio, sorvolare. Chi abusa del potere non lo fa necessariamente per asinità. Quindi viva gli asini o presunti tali. È meglio, talvolta, accontentarsi. Magari di una supposta ignoranza.

Aggiornato il 05 ottobre 2018 alle ore 16:31