Congressi e primarie per Forza Italia

mercoledì 10 ottobre 2018


Ha perfettamente ragione Giovanni Toti quando denuncia il declino di Forza Italia condannata da un gruppo dirigente autoblindato a portare avanti una linea politica per lei innaturale che la schiaccia sulla sinistra, la allontana progressivamente dal centrodestra e la trasforma in un contenitore dove Lega e Partito Democratico possono attingere a piene mani. Ma esiste un modo per interrompere questo declino? La ricetta che è stata attribuita al Governatore della Liguria è di dare vita ad una nuova formazione politica insieme a Fratelli d’Italia in vista delle elezioni europee in cui il partito di Giorgia Meloni e un pezzo di Forza Italia potrebbero superare il quorum di fatto del quattro per cento e gettare le basi per una nuova aggregazione in grado di dare corpo alla seconda gamba del centrodestra.

L’idea non è peregrina. Ma rappresenta una risposta tattica e contingente ad un problema, quello del declino di Forza Italia, che richiede una soluzione strategica e radicale. Questa soluzione si chiama democratizzazione del partito un tempo leaderistico ed oggi soltanto oligarchico. E democratizzazione significa congressi regionali, congresso nazionale e primarie per la scelta delle candidature in Parlamento ed ai vertici forzisti.

Fino a quando la leadership del fondatore Silvio Berlusconi è stata forte la democratizzazione non è stata né possibile, né necessaria. Il metodo dominante è stato quello della cooptazione del gruppo dirigente. Ed i risultati elettorali di un ventennio hanno dimostrato che il metodo della delega totale al leader era efficace e vincente. Ma nel momento in cui la leadership si è allentata per ragioni anagrafiche, di salute, di disinteresse per il “teatrino della politica”, il metodo della cooptazione è stato sostituito, grazie al sistema delle candidature previsto dalla legge elettorale, da quello dell’auto-blindatura del gruppo dei precedenti cooptati. Cioè alla separazione netta ed invalicabile tra la cosiddetta “Area Alta” degli eletti e la cosiddetta “Area Bassa” dei militanti, dei simpatizzati e degli elettori a priva di qualsiasi forma di incidenza e di condizionamento della politica del partito e della sua dialettica interna.

Non c’è da stupirsi, allora, se i sondaggi indicano l’emorragia continua della base elettorale di Forza Italia. Dove altro può andare se non fuori da un partito in cui ha solo la funzione di applausometro nelle convention di un gruppo dirigente interessato solo alla propria personale sopravvivenza politica?

Se si vuole evitare l’emorragia ed il declino, allora, non c’è altra strada oltre quella di dare all’”Area Bassa” la possibilità di far sentire la propria voce all’interno del partito e di incidere sulla sua linea politica. Una linea che non può essere quella della conversione a “forza spread” degli europeisti acritici, ma quella della rivendicazione dei suoi valori originari radicati in un elettorato che da sempre si ispira alla religione della libertà.

Certo, congressi e primarie comportano la scalabilità di Forza Italia. Ma questa è la democrazia. Che è sempre meglio del declino e della scomparsa!


di Arturo Diaconale