Il gosplan in salsa grillina

giovedì 11 ottobre 2018


È notizia che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha chiamato a Palazzo Chigi la crema delle aziende partecipate dallo Stato: da Eni a Enel, da Poste italiane a Ferrovie, da Leonardo a Fincantieri. Il Corriere della Sera ha riportato la notizia sotto questo sorprendente titolo: “Conte chiama le partecipate. Più investimenti e lavoro per aiutare l’aumento del Pil”.

Lo scopo di questa riunione, ancor più sorprendente del titolo del Corriere, l’ha spiegato il premier Conte medesimo: “Incontreremo tutte le più importanti partecipate e intorno a un tavolo lavoreremo e faremo partire il piano degli investimenti aggiuntivi rispetto a quelli già stanziati. Addirittura questi saranno investimenti additivi, aggiuntivi rispetto a quelli che noi inseriamo in manovra”.

Dunque il governo giudica lecito ed opportuno, se non proprio subornare, “stimolare le aziende partecipate a investire oltre i loro attuali piani”, in modo da “sostenere le stime di crescita del Pil contenute nella nota di aggiornamento del Def”, scrive il Corriere. Questa programmazione indebita fa venire in mente il Gosplan di bolscevica memoria, che guidava dall’alto la fallimentare economia sovietica. Sennonché in Italia, qui e oggi, il governo non può e non deve, men che stimolare, neppure suggerire, pregare, esortare gigantesche compagnie, soggette al diritto privato, quotate in borsa, sottoposte al controllo della Consob, a modificare i loro piani societari in senso favorevole ai piani del governo. Ma dove siamo finiti? Gli azionisti italiani e stranieri di tali S.p.a. hanno il diritto di pretendere che i loro amministratori facciano gl’interessi economici degli azionisti stessi piuttosto che gl’interessi politici del governo e dei suoi “azionisti” partitici.

L’improvvida e riprovevole iniziativa è, fatto sorprendentissimo, di un primo ministro assiso su una cattedra universitaria di diritto privato e autoinvestitosi della qualifica di “avvocato del popolo”! Eppure, l’opposizione parlamentare e l’opposizione mediatica sono sordomute.


di Pietro Di Muccio de Quattro