Peronismo e democrazia liberale

venerdì 12 ottobre 2018


Non sarà affatto popolare in questo delicato momento storico della Repubblica sostenerlo, tuttavia l’evidente attacco che Matteo Salvini e Luigi Di Maio stanno portando a uno dei cardini della democrazia liberale, ovvero il contrappeso delle istituzioni e autorità indipendenti, non deve essere accettato supinamente. Sebbene esso sia dettato da evidenti ragioni di marketing elettorale, rinnovando la storia fantastica dei paladini sovranisti che lottano contro l’establishment dei cosiddetti poteri forti, non può che conseguirne un ulteriore scadimento del sistema democratico, spingendo quest’ultimo verso una inquietante deriva peronista. Una svolta della democrazia in senso plebiscitario cui Marco Travaglio – protagonista su tale argomento di un durissimo scontro dialettico con Beppe Severgnini nel corso di una recente puntata di “Otto e mezzo” – sembra fortemente intenzionato a rappresentarne il cantore.

In estrema sintesi, la sua idea assolutistica del suffragio universale, in linea con la filosofia dei due dioscuri al potere, nel quale chiunque prevalga avrebbe il diritto/dovere di realizzare, costi quel che costi, ciò che è stato promesso agli elettori, cozza in modo netto non solo con l’attuale ordinamento, basato su tutta una serie di garanzie costituzionali, ad esempio l’articolo 81 della Costituzione che impone l’equilibrio nel bilancio pubblico, ma anche con la ragionevole e, a mio avviso più funzionale, impostazione che ha strutturato tutte le democrazie liberali le quali, per l’appunto, sono caratterizzate da molti contrappesi onde limitare l’eventuale strapotere dei vari Esecutivi. Non a caso uno di tali contrappesi, l’autonomia dei parlamentari sancita nell’articolo 67 della Carta, risulta da sempre molto indigesto a un Movimento 5 Stelle a cui, come è noto pure ai sassi, la democrazia rappresentativa non sembra andare molto a genio.

Ma evidentemente al direttore del Fatto quotidiano affascina il peronismo d’accatto di chi ritiene che con la maggioranza dei consensi si possa raggiungere qualunque obiettivo, compreso quello di violare le più elementari leggi della matematica. Una visione che, particolarmente in un mondo globalizzato come l’attuale, è destinata a generare catastrofi a scelta per una nazione priva di materie prime, indebitata fino al collo e affetta da antichi e profondi problemi sistemici, tra cui un tasso di produttività del lavoro praticamente fermo da molti lustri.

Da questo punto di vista, proprio per contemperare in qualche modo la tendenza da tempo in atto in Italia, in cui si promettono miracoli in cambio di voti, generando disastri dal lato della tenuta economico-finanziaria del sistema, diventa fondamentale preservare l’autonomia di quegli enti e di quelle istituzioni dirette da soggetti non eletti direttamente dal popolo, ma che costituiscono per il popolo medesimo una garanzia contro i pericolosi avventurismi di tutti i colori.


di Claudio Romiti