La profonda incoerenza della Manovra

A un popolo da sempre restio a guardare i grandi numeri del bilancio pubblico, e del tutto anestetizzato dalla martellante propaganda del cambiamento del Governo giallo-verde, sfugge certamente la profonda incoerenza delle due principali misure della legge di Bilancio, appena approvata dal Consiglio dei ministri. Incoerenza che viene da molto lontano e che, se non rapidamente emendata, rischia di mandarci a sbattere rovinosamente contro il muro di cemento armato della realtà.

In estrema sintesi, il combinato disposto del superamento della tanto contestata riforma Fornero e del fantasmagorico reddito di cittadinanza, aumentando ulteriormente la spesa corrente, andrà ulteriormente ad appesantire un sistema di welfare già tanto costoso, quanto iniquo e inefficiente. Basti dire che l’anno scorso, su una spesa pubblica di circa 830 miliardi di euro, le uscite dell’Inps, tra previdenza vera e propria e assistenza, hanno raggiunto il livello monstre di 412 miliardi, ovvero quasi la metà di ciò che è a disposizione della mano pubblica.

Ora, vista l’enormità del dato, non bisogna essere un premio Nobel per comprendere che il motivo principale che ha sempre impedito all’Italia di dotarsi di un sussidio di base per le fasce più deboli della società risiede nell’eccesso di spesa che caratterizza alcuni specifici settori del nostro welfare all’amatriciana. Un welfare che a partire dagli anni ’70 del secolo scorso è stato utilizzato praticamente da tutte le forze politiche come veicolo privilegiato per l’acquisizione e la gestione del consenso. Da questo punto di vista, che ci piaccia o meno, la citata riforma Fornero ha rappresentato l’estremo tentativo, parzialmente riuscito, di riportare, a regime, soprattutto la spesa previdenziale entro un livello di sostenibilità di lungo periodo. Tutto questo, a parere di chi è particolarmente attento ai conti dello Stato, se sostenuto nel tempo da altri coraggiosi correttivi, avrebbe riequilibrato l’intero welfare, gettando i presupposti per realizzare un sostegno adeguato per i più poveri ed evitando di mettere in pericolo la stabilità dei bilancio pubblico. Esattamente il contrario di ciò che sta accadendo con l’Esecutivo dei miracoli in cui, per evidenti ragioni di tornaconto elettorale, si realizza una misura puramente assistenziale come il reddito di cittadinanza all’interno di una cornice che prevede il celere smantellamento dell’unica riforma degna di questo nome che la nostra democrazia di Pulcinella è stata in grado di realizzare negli ultimi trent’anni.

Trattasi ovviamente della classica politica di cortissimo respiro stile botte piena e moglie ubriaca, basata sulla scommessa di tenere in qualche modo in piedi la baracca fino alla scadenza delle elezioni europee di maggio. Per poi, eventualmente, rompere l’alleanza di Governo e capitalizzare l’eventuale vento favorevole in un ritorno molto anticipato alle urne. Tuttavia, per i giocatori d’azzardo la navigazione da qui in avanti si preannuncia densa di insidie, a cominciare da quello abbastanza ostico del prossimo scoglio di un incombente, possibile declassamento del nostro debito sovrano da parte di Moody’s e Standard & Poor’s. Al posto dei due dioscuri del cambiamento al potere non starei tanto tranquillo.

Aggiornato il 17 ottobre 2018 alle ore 10:09