I Commissari Ue in cerca di un finale wagneriano

Ieri il commissario al Bilancio Ue, Günther Oettinger, ha dichiarato che “la commissione Ue rigetterà la manovra del bilancio italiano”.

Ci mancava solo lui, lo sputasentenze, quello che… “i mercati insegneranno agli italiani a votare nel modo giusto”, a complicare i rapporti tra Roma e Bruxelles. Se mai in passato vi fosse stato un dubbio sulla qualità dei vertici dell’Unione europea, oggi si ha la certezza che essi, ancorché nemici, sono semplicemente pessimi. Anche le pietre hanno capito che è in atto una guerra contro il Governo giallo-blu che l’establishment comunitario pensa di vincere avvelenando i pozzi del consenso in patria ai due dioscuri del sovranismo/populismo.

Tuttavia, la scelta della drammatizzazione dello scontro sulla manovra di Bilancio presentata dall’Italia, con la sfacciata esibizione dell’arma sporca del ricatto, sarà un boomerang micidiale per i manovratori di Bruxelles. Ma li hanno letti gli ultimi sondaggi sfornati da Eurostat sul gradimento dell’Unione europea presso le opinioni pubbliche dei Paesi membri? In Italia è stato registrato il tasso più basso: solo il 44 per cento voterebbe per una permanenza nell’Ue. Ciò vuol dire che due italiani su tre, riguardo all’appartenenza all’Unione europea, sono contrari oppure si mostrano scettici. Il che non è per niente una buona notizia. Ma bisogna essere onesti, se il sentimento di sfiducia verso le istituzioni comunitarie cresce a dismisura nel nostro Paese non ce la si può prendere con la retorica anti-establishment del duo Salvini-Di Maio. Sarebbe come incolpare il termometro se il malato ha la febbre. La verità è che da noi si è diffusa una sgradevole percezione di emarginazione alla quale, nelle intenzioni del blocco di potere dell’Unione, sarebbe destinato il nostro Paese. Non esiste un motivo unico di dissenso che ha incrinato il sentimento degli italiani altrimenti positivo verso la patria comune europea. Il grande Totò avrebbe detto: è la somma che fa il totale. E avrebbe avuto ragione. Ne hanno combinate troppe a Bruxelles ai nostri danni perché si potesse sperare che, alla fine, gli italiani non se ne sarebbero accorti. Dopo il bel quadretto a firma della Commissione europea e composto di tagli, rifiuti, reprimende, scrollate di spalle, muri di gomma, insensibilità, arroganza come sarebbe potuta andare diversamente? L’ascesa politica di leader alla Salvini e Di Maio è stata propiziata dai maldestri stregoni di Bruxelles. E ora, se le “mostruose creature”, che loro, gli eurocrati, hanno contribuito a creare, gli si rivoltano contro non hanno da prendersela con nessun altro che se stessi.

Non paghi della lezione ricevuta con la Brexit, i soloni di Bruxelles continuano a fare la voce grossa e a minacciare sfracelli, agitando lo spauracchio dello spread, senza minimamente comprendere che la maggioranza degli italiani è convintamente contro di loro. D’altro canto, con chi dovrebbe stare un Paese che, secondo il report diffuso in questi giorni da Eurostat in occasione della giornata internazionale per l'eliminazione della povertà, nel decennio 2008/2017 ha visto crescere il numero delle persone a rischio povertà dall’iniziale 15 milioni 82mila, a 17 milioni 407mila, nel 2017, pari al 28,9 per cento della popolazione e, ancor più grave, vede confermarsi il trend negativo anche per l’anno corrente? Chi ha reso poveri tanti nostri connazionali? Una maledizione scagliata da un dio dispettoso e irascibile o le politiche dell’austerity imposte dall’Europa? Lo vogliono capire o no, i testoni di Bruxelles, che in Italia dopo Matteo Salvini e Luigi Di Maio non c’è la loro amata Troika, ma la rivoluzione nelle piazze? Se avessero avuto un briciolo di saggezza politica avrebbero dovuto chiudere il becco e non emettere un fiato sulla manovra finanziaria inviata da Roma, ma avrebbero dovuto impegnarsi, nella riservatezza che in circostanze ordinarie pervade i luoghi della macchina comunitaria, in un negoziato ad oltranza per limare, rettificare, migliorare il testo del documento programmatico italiano allo scopo di tirarne fuori una versione condivisa ma rispettosa tanto delle regole comuni quanto delle esigenze improcrastinabili della popolazione italiana. Ma non è andata così per manifesta incapacità degli attori in scena, con la sola confortante eccezione del Governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, il quale, a fronte del fuoco di fila dei morti-che camminano della Commissione, ha avuto il buon gusto di pronunciare la fatidica parola: compromesso. Ma tolto lui, chi resta a usare il cervello?

Fa tristezza ascoltare dalle cariatidi dell’Eurocrazia espressioni tanto astiose. Come se attaccare il nostro Paese gli concedesse un salvacondotto per un tempo supplementare di vita politica che, almeno in Europa, essi non avranno. Sembra di rivedere l’istantanea del celebre fotoreporter Hubert van Es che immortala i collaboratori sudvietnamiti della Cia, terrorizzati, nell’atto di fuggire a bordo dell’ultimo elicottero Usa che lascia il Vietnam dopo la caduta di Saigon. Più realisti del re, essi presidiano da Strasburgo e Bruxelles il “Palazzo”, epicentro di un’idea d’Europa che volge al tramonto, nella speranza di rimediare uno strapuntino sull’ultima nave che salpa per il Valhalla, nel Götterdämmerung, il crepuscolo degli dei declinanti, illudendosi per qualche momento di essere stati essi stessi divinità. Ma chi ci crede? A sentirli, anche Richard Wagner si rivolterebbe nella tomba.

Aggiornato il 18 ottobre 2018 alle ore 13:44