Attivismo salviniano nel deserto altrui

Certo che Matteo Salvini va forte! Certo, pure, che ha una marcia in più. Lo si capisce giorno dopo giorno. Ed è certo che, essendo il vero (e unico) motore di questo governo, lo farà durare al di là e al di sopra di qualsiasi speranza contraria, al governo. Fra cui quella di non pochi di una Forza Italia che, come dice qualcuno dentro questo (ex) partito, avrebbe prestato un alleato per la combine di Palazzo Chigi.

Sfido che Salvini va di corsa, non ha concorrenti dall’opposizione (per ora) e neppure da un Luigi Di Maio che sembra aver optato per una sua presenza, questa sì assidua e da mane a sera, ma sui mass media, preferibilmente in televisione. E al governo? Ci pensa Salvini, appunto.

Il fatto è che nella confusione e/o staticità del quadro politico, con un Matteo Renzi che pare ricominciare da capo a tessere un po’ di filo politico e con un’opposizione di sinistra che conta come il due di coppe, resta da considerare il quantum oppositorio svolto da Forza Italia. E qui iniziano i guai, e non solo per una FI che, volente o nolente, stava a braccetto di una Lega che apparentemente non ne nega l’entità ma sostanzialmente la butta nel cestino dopo la scelta governativa con il partito di Luigi Di Maio e soci. E che per Forza Italia non sia né semplice né comodo ergersi a dire “no” a questo connubio salviniandimaiano, lo si sa e lo si vede. Il fatto è che pronunciare questo “no” è necessario se non addirittura obbligatorio. Soprattutto per un partito che dice di essere liberale.

Gli esempi di simili discrasie e di evidenti capovolgimenti rispetto a quello che doveva essere un programma abbastanza comune fra Lega e Forza Italia sono diventati evidenti, sullo sfondo di una vita quotidiana per un Esecutivo dove, apparentemente, il gioco è aperto ma, e a ben vedere, la palla ce l’ha sempre il salvinismo di lotta e di governo e, pure, da scarpa come ha evidenziato con clamore mediatico-politico l’onorevole Angelo Ciocca introducendo di prepotenza il “populismo scarparo” come variazione sul tema leghista.

Eppure, ed è qui che avanziamo timidamente qualche riflessione ai “berlusconiani”, il terreno per un contrasto politico ad alcune scelte governative non poco simboliche, non manca. Basti pensare, in primis, alla strombazzata riforma di quel Reddito di cittadinanza che sfrutta l’implicito slogan da riforma che solo in apparenza si attiene agli schemi liberali ma che, nella sostanza, è l’aggiornamento di un interventismo statale ben noto qui da noi e che si chiama né più né meno che assistenzialismo.

Ecco, dire e dare alle cose il loro vero nome e significato già sarebbe un balzo in avanti per un movimento la cui crisi è visibile anche per il meritato riposo del guerriero di Arcore (ma gli altri, che fanno?) tanto più se il passaggio dalla società aperta, proclamata a giorni alterni, si passa alla società dei sussidi e si vorrebbe esaltare lo Stato imprenditore per rilanciare l’innovazione del Paese. Ma in che film? come si diceva un volta.

Gli esempi non mancano su quella che viene definita come strada del populismo, peraltro diffusa in Europa, ma una contrapposizione a un simile progetto che poco o nulla ha o avrebbe a che fare con le società moderne, non può che riannodare i significati profondi di una politica che, pure, è stata ricca di successi all’indomani del crollo di una Prima Repubblica che, sia detto per inciso, è stata di ben più lunga durata delle successive, anche e soprattutto perché le occasioni perse da costoro, anche in questi giorni, in queste ore, sono sotto gli occhi di tutti anche e soprattutto perché non si ascoltano le più vive e autentiche istanze dell’Italia.

Diciamocelo almeno inter nos: ciò di cui ha bisogno il nostro Paese non sono i cosiddetti carrozzoni pubblici con le inevitabili ingerenze della politica, ma il rilancio dell’iniziativa privata, quella che ha fatto la storia dello sviluppo economico nel dopoguerra, quella per cui siamo conosciuti nel resto del mondo, quella dei tanti imprenditori capaci di innovare (si pensi al Silvio Berlusconi della tivù privata), assumersi i rischi, investire e creare occupazione in grado di valorizzare e potenziare lo spirito d’iniziativa individuale e la creatività. Altro che reddito di cittadinanza.

Aggiornato il 26 ottobre 2018 alle ore 12:19