“Perché voi conservatori americani continuate a perdere?”

lunedì 5 novembre 2018


Non sapevo cosa rispondere quando Mária Schmidt, storica e consulente del primo ministro ungherese Viktor Orbán, di recente mi ha chiesto: “Perché voi conservatori americani continuate a perdere contro i progressisti?”.

Per conservatori, lei e il sottoscritto intendiamo chi rispetta la tradizione, adattandola in modo intelligente alle nuove circostanze; chi segue le orme di Margaret Thatcher e Ronald Reagan. I progressisti sono coloro che credono nella capacità illimitata di ogni persona di pensare con la propria testa, gli eredi di Tony Blair e Barack Obama. Questo conflitto politico permanente è basato sulla tradizione e non sull’apertura mentale. È accettare 2 opzioni di genere contro 71.

La domanda della Schmidt mi ha colto di sorpresa perché i conservatori europei solitamente invidiano i loro omologhi americani per il denaro, le idee, i media, i voti, i politici e il potere di cui godono. Mentre i conservatori europei sono emarginati, quelli americani hanno grande successo – in questo momento nel controllo di tutte le parti elette del governo americano, dalla Casa Bianca alle legislature statali, oltre alla Corte Suprema e agli altri giudici federali.

Nonostante questo primato, i conservatori americani si trovano ad affrontare un serio problema strutturale: essendo la politica a valle della cultura e poiché le idee progressiste dominano le scuole, la stampa, le arti e le chiese, i conservatori americani subiscono uno svantaggio permanente.

Invece i conservatori ungheresi non presentano queste debolezze. Non solo hanno potere politico, ma dominano anche le scuole, i media, la burocrazia e il sistema giudiziario. Il risultato è singolare; come mi ha spiegato l’analista Péter Morvay, “i giovani ungheresi sono come tutti gli altri giovani, ma più conservatori: condividono i valori della famiglia (il piccolo corteo del gay pride è composto per lo più da stranieri), sono fieri della loro storia e cultura, e vogliono mantenere il loro Paese indipendente da Bruxelles (ossia l’Unione europea) e da Mosca”.

I conservatori americani possono bissare questo successo ungherese? Probabilmente no, perché il progressismo offre libertà inebrianti che fanno leva su un numero sempre più elevato di sostenitori. Prendiamone in considerazione alcuni:

Questo elenco induce a trarre quattro conclusioni pessimistiche per il futuro del conservatorismo: 1) Il progressismo prolifera quando l’istruzione si diffonde,  le barriere di classe crollano e quando i film suscitano invidia. 2) I progressisti, a differenza dei conservatori, sono più spinti a diventare comunicatori – insegnanti, giornalisti, avvocati, artisti. 3) Essendo più ispirati da una visione, i progressisti affollano le istituzioni pubbliche, dove dominano la burocrazia. 4) I progressisti attirano maggiormente le persone più abbienti e più indigenti, quelle ambiziose e insoddisfatte; il conservatorismo attira di più coloro che rivestono una posizione di mezzo – la borghesia, chi nutre idee moderate, chi ha una cultura media. Tuttavia, il ceto medio americano è in crisi, come indicato da numerose analisi sulla scomparsa della classe media, sull’evanescente centro politico e sul declino della cultura media.

Da quando il progressismo emerse per la prima volta alla fine del Seicento, è rimasto costantemente sull’offensiva. Sì, i genitori conservatori danno alla luce più figli, ma per istruirli li affidano ai progressisti. A dire il vero, i conservatori vincono sporadicamente le battaglie, ma sono usciti vincitori solo dal dibattito sull’economia. Hanno perso altre dispute, come quelle sulla pedagogia, sulla  giustizia e sulla sessualità.

Tre secoli di difensiva e di sconfitte abituali hanno avuto un impatto negativo, lasciando i conservatori moderatamente scoraggiati. Per rispondere alla domanda di Mária Schmidt, i conservatori americani non perdono perché fanno qualcosa di sbagliato in particolare, ma a causa di una generale, secolare e ineluttabile tendenza a battere in ritirata.

I conservatori ungheresi (e altri omologhi dell’Europa orientale) sono la piccola eccezione di cui si deve tener conto, il che non è difficile da fare perché quattro decenni di terrificante dominazione sovietica vissuta sulla propria pelle hanno lasciato in loro l’amaro in bocca per i deliri dei progressisti di risolvere i problemi della vita attraverso piani ambiziosi, come quelli elaborati da Marx e perfezionati da Lenin. Coloro che un tempo vivevano sotto il giogo sovietico desiderano riprendere fiato tornando alla normalità, il che  li rende conservatori. Ma un giorno, inevitabilmente, questa tregua finirà, proprio come il loro insolito conservatorismo. E sarà allora che il fascino del progressismo sprigionerà la sua magia.

L’Ungheria oggi è un caso piuttosto unico. È improbabile che i conservatori diano seguito al successo ungherese in Paesi che non hanno una vivida memoria dell’esperienza di tipo sovietico. Ogni generazione deve imparare da capo le lezioni da trarre dai fallimenti del progressismo.

(*) Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Daniel Pipes