Rapine “ope legis”

venerdì 9 novembre 2018


Due belle notizie, finalmente! Il blocco degli aumenti delle addizionali locali sull’Irpef e sull’Imu per le seconde case sarà eliminato. Il contributo di solidarietà sulle pensioni patinate, come mi piace definirle anziché d’oro, sarà reintrodotto e progressivo, addirittura per cinque anni. Due rapine “ope legis”. Motivate come? Al solito, autonomia finanziaria e giustizia sociale. Ovviamente, però, è il contrario. Con le addizionali lo Stato millanta di non aver aumentato i tributi e dice al contribuente: “Non io, ma l’ente locale ti chiede di più”.

Lo Stato, invece di imporre limiti alle spese di regioni e comuni, li autorizza ad incassare aliquote di reddito personale e di patrimonio con il nobile scopo di “responsabilizzarli” (sic!). Sappiamo che la responsabilità dei governatori e dei sindaci consiste, generalmente parlando, nello spendere tutto il bilancio e nell’indebitarsi quanto possibile. Quindi le addizionali non servono affatto, in linea di principio, a risanare l’entrata, bensì a perpetuare o incrementare la spesa. È poi una storiella che l’addizionale versata all’ente locale sia diversa dai normali tributi: primo, perché il nome stesso significa che si aggiunge ad essi; secondo, perché i tributi sono tanti, ma percosso ed inciso risulta pur sempre lo stesso contribuente, che è uno, in carne ed ossa; terzo, perché è falso che il controllo politico dell’elettorato sulla finanza locale sia più efficace di quello sulla finanza nazionale. L’addizionale Irpef determina l’incremento della curva di progressività, portando l’aliquota massima, dal 43 al 46 per cento e oltre. Concedere ancor più mano libera sui redditi e sui patrimoni degl’Italiani non responsabilizza affatto gli enti locali, ma riduce la capacità d’iniziativa e l’indipendenza degli individui. Il che vuol dire impoverire la società e costringerla sulla difensiva, ostacolandone la crescita.

Quanto al contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, è necessario ricordare che è già stato applicato per sei anni, benché il primo triennio sia stato giudicato incostituzionale dalla Consulta perché, avendo il prelievo natura di imposta, non poteva gravare sui soli redditi da pensione, violando gli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 53 (capacità fiscale) della Costituzione. Poi la Consulta, obbedendo all’idolum fori contemporaneo di considerare politicamente ingiusto ciò che è invece giuridicamente legale, ha stabilito acrobaticamente (contro il consolidato insegnamento del primo anno di giurisprudenza secondo cui i tributi si dividono in imposte, tasse, contributi) che il cosiddetto contributo di solidarietà non è un tributo, sicché può essere applicato anche soltanto ai redditi pensionistici: infatti, in quanto prelievo strampalato che non viola i suddetti articoli 3 e 53, obbedisce alla strampalata volontà delle maggioranze parlamentari le cui deliberazioni, sempre in quel primo anno d’università, insegnano essere tuttavia soggette alla Costituzione. La Consulta ha tollerato il contributo di solidarietà perché, e purché, temporaneo. Ha aggiunto che è legittimo perché il ricavato non viene versato allo Stato ma all’ente previdenziale (sic!).

Orbene, può seriamente considerarsi “temporaneo” un contributo quinquennale, secondo la proposta, pure prescindendo dai trienni nei quali i pensionati hanno dato? La “temporaneità” può essere aggirata dividendo otto anni in un triennio e un quinquennio? Può considerarsi ragionevole e costituzionale un tributo sulle sole pensioni, sebbene mascherato da contributo, che, esentati 90mila euro, andrà dall’8 al 20 per cento in aggiunta all’aliquota massima del 43% accresciuta dall’eventuale addizionale? Questa ennesima violazione del diritto dei pensionati, che sarà aggravata dalla “sterilizzazione” dell’adeguamento all’inflazione anche con riguardo a pensioni da 2mila euro mensili, non ha niente a che vedere con la giustizia sociale, un’espressione che per altro designa una cosa che non esiste, come la parola strega (copyright di Hayek, nientemeno), ma serve a scardinare fraudolentemente, per motivi esclusivamente politici, il principio dell’irretroattività della legge, un caposaldo dello Stato di diritto.

Se si volesse davvero, sebbene per assurda ipotesi, istituire un contributo di solidarietà sulle pensioni, il meno lontano ma sempre fuori dalla legalità costituzionale dovrebbe essere generalizzato, non basato su un cervellotico discrimine tra pensioni alte e basse e su aliquote progressive, bensì sull’aliquota proporzionale. Non si farà mai! Perche? Perché milioni di voti poveri o tali considerati fanno giustamente paura ai prepotentelli che maramaldeggiano contro trentamila inermi ricchi o tali considerati. Chi crede di essere al riparo dai deragliamenti delle istituzioni supreme quando il danno colpisce gli altri dovrà presto accorgersi che non gli sarà servito a nulla rifugiarsi su un binario morto.


di Pietro Di Muccio de Quattro