Genova: dalle macerie è nato un fiore

In Senato è accaduto qualcosa d’importante: è stato convertito in legge il Decreto su Genova e altre emergenze. Auguri ai genovesi, popolo sobrio e tenace, che merita tutto l’aiuto possibile dallo Stato e dalla comunità nazionale per rimettersi in piedi dopo la tragedia del crollo del Ponte Morandi.

Un in-bocca-al-lupo al presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, e al sindaco di Genova, Marco Bucci, sui quali graverà l’onore e l’onere della ricostruzione dell’infrastruttura crollata e della ripresa della vita civile ed economica del capoluogo ferito a morte. E complimenti al Governo che ha partorito un provvedimento sufficientemente ampio da ricomprendere tutte le priorità che la crisi ha posto in evidenza. Infatti, l’articolato di legge non prevede soltanto la ricostruzione del manufatto ma anche lo stanziamento di risorse per le famiglie che hanno perso la casa, per le imprese danneggiate, per il rifinanziamento della cassa integrazione a favore dei lavoratori privati del posto di lavoro, per il trasporto pubblico locale e per la mobilità portuale.

In totale, la cifra appostata in bilancio è importante, si tratta di oltre un miliardo di euro che i commissari Toti e Bucci sapranno spendere al meglio. Bisogna ammettere che i Cinque Stelle, in tale circostanza, si siano comportati lealmente. Troppo ghiotta poteva essere l’occasione di fare della tragedia del “Morandi” una vetrina di propaganda partitica, avendo l’opportunità di gestire una montagna di quattrini. Invece, i ministri grillini non hanno fatto i furbi cercando d’affidare la ricostruzione a figure tecniche legate al “Movimento”. Sebbene vi sia stato qualche tentennamento iniziale, Luigi Di Maio e soci hanno deciso di rispettare il gentlemen’s agreement stretto con la Lega e di ciò gli va dato atto. Ma il risultato conseguito ieri è di grande importanza anche per ragioni che esulano dallo stretto interesse a sostenere la ripresa della comunità genovese. Com’è noto, Luigi Di Maio ha colto l’occasione del Decreto per inserirvi una norma riguardante la posizione dei terremotati di Ischia rispetto al possesso dei requisiti per l’accesso ai contributi per la ricostruzione. La questione è stata presentata dai media all’opinione pubblica come “il condono di Ischia”.

Non è propriamente un colpo di mano, tuttavia come tale è stato vissuto, non solo dalle opposizioni, ma da una pattuglia di dieci senatori grillini che ha disertato l’Aula al momento del voto in segno di protesta contro la svolta “pro-abusivismo” dei vertici del Cinque Stelle. La loro assenza, ancorché significativa per le conseguenze che avrà nella dialettica interna al Movimento, tuttavia non ha sortito effetti sull’esito finale della legge che è passata con 167 voti favorevoli, 49 contrari e 53 astensioni. In pratica, il Governo ha conservato la maggioranza assoluta nonostante la defezione dei reprobi pentastellati. Come è stato possibile? Semplicemente perché ha votato a favore anche il gruppo di Fratelli d’Italia.

Ora, Di Maio e soci si affannino pure a minimizzare l’accaduto, ma la realtà racconta qualcosa di ben preciso: c’è stato un primo significativo cambio in corsa della maggioranza. Alla pattuglia malpancista dei grillini, ideologicamente organici al pensiero vetero-comunista di Roberto Fico, si è sostituita la destra di Giorgia Meloni. Lo diciamo da tempo e lo ribadiamo: favorire una mutazione dell’ala governista dei Cinque Stelle, capitanata da Di Maio, in una formazione contraria allo schieramento progressista e che decida di collocarsi stabilmente nel campo della destra non è cosa disdicevole ma auspicabilissima atteso che una parte dell’elettorato conservatore e patriottico/sovranista già nella scorsa legislatura ha abbondonato il centrodestra per aderire all’offerta politica sui generis del populista onnivoro Beppe Grillo.

Certo, quello di ieri è stato un episodio isolato che purtuttavia potrebbe costituire il prodromo di un più ampio processo di riposizionamento del corpo maggioritario dei Cinque Stelle. Peccato che la festa sia stata guastata dalla cocciuta miopia del gruppo senatoriale di Forza Italia che persevera nell’incapacità di guardare a scenari più ampi e di lungo respiro del quadro politico. Dopo essere andati in confusione presentando e poi ritirando in Commissione un emendamento pro-condono ad Ischia, i forzisti si sono rifugiati in una mesta astensione, francamente incomprensibile. Ma come? Si votava un provvedimento che di fatto consegna una montagna di denari a un Governatore di regione targato Forza Italia e a un sindaco d’area del centrodestra e il partito degli orfani e delle vedove bianche di Silvio Berlusconi che fa? Non ci pianta su la propria bandiera rivendicando per se stesso il ruolo di salvatore della patria genovese ma si fa sorprendere impantanato a metà del guado, dove è sempre arduo distinguere se si è ancora carne o si è diventati pesce. Roba da matti!

A ciò si aggiunga l’aggravante che il gruppo forzista ha rischiato la spaccatura perché a sei senatori berlusconiani della Campania, noti per una particolare sensibilità al tema dei condoni, quell’emendamento pro-Ischia piaceva tanto per cui si sono auto-sospesi dal gruppo parlamentare pur di votare a favore del provvedimento. Per carità di patria, l’unica cosa che si può fare quando si parla di Forza Italia è di rinunciare a capire. Per il momento accontentiamoci di un appassionato: Forza Genova!

Aggiornato il 16 novembre 2018 alle ore 10:58