La giusta pensione

Nell’astioso e protervo attacco sferrato dal ministro del Lavoro (del lavoro!) contro i lavoratori in quiescenza, predomina un aspetto che non viene evidenziato a dovere. La confisca di una parte anche cospicua delle “pensioni qualificate”, come amo chiamarle perché l’oro qui non è neppure una metafora, risponderebbe ad  insopprimibili esigenze di giustizia sociale. Sennonché questa espressione, che gonfia il petto e la bocca di politici d’ogni risma, i quali gareggiano a mostrarsene paladini, designa semplicemente una cosa che non esiste, come la parola “strega” (Hayek dixit), e dunque non può esistere. Infatti è sufficiente porre attenzione al fatto che codesti paladini di un fantasma hanno ciascuno in testa una giustizia diversa dall’altro. Sicché la giustizia sociale si riduce a questa ignobile massima: “Voglio quello che hai tu perché tu hai quello che io non ho”.

Tuttavia, in materia di pensioni, quel Di Maio che ha ottenuto un lavoro d’oro (questo sì!) facendo il ministro non può incamerarsi le pensioni altrui e deve limitarsi, come un Robin Hood, a rubarle ai legittimi titolari. Il partito dei livellatori, sebbene capeggiato da un Masaniello, non è diffuso solo in basso ma anche in alto, tra intellettuali stupidi e giustizieri da forca, che irridono la ragione e il diritto, cioè la vera giustizia. Dal Medioevo fino ai giorni nostri le più robuste menti si sono applicate a cercare il criterio del giusto prezzo, ma invano, perché tale prezzo non esiste. Anzi, quei saggi dovettero sconsolatamente ammettere che il prezzo giusto lo conosce solo Dio. Adesso, nella loro sconfinata ignoranza e in barba alla “verità effettuale” (Machiavelli), un sinedrio di raffazzonati legislatori ha sentenziato l’intoccabilità della pensione fino a 90mila euro perché giusta a giudizio del sinedrio stesso. Dopo tale soglia ne consegue che la pensione è ingiusta. Però non allo stesso modo: da 90mila a 130mila euro è meno ingiusta che da 130mila a 200mila euro e così via, a salire. Tant’è vero che Luigi Di Maio e i suoi caudatari applicano un prelievo differenziato al crescere dello scaglione. Chi crede a questa giustizia è capace di qualsiasi delitto.

Non basta. Esiste un’altra considerazione che scredita irreparabilmente questa genia di riformatori che impugnano il piede di porco. Se l’intento è quello di rifarsi sui “pensionati qualificati”, che sono elettoralmente inermi eppure legali, giustizia (questa sì!) vorrebbe che prima si sradicassero le enormi riserve delle pensioni fasulle, che di pensionistico hanno nulla essendo assistenza caritatevole dello Stato, e dei falsi invalidi. L’Inps (sul quale vigila il ministro del Lavoro) ha certificato in circa 5 miliardi le pensioni d’invalidità illegali. Dovrebbe dunque il governo attingere da questo mare di frodi i soldi per perequare le pensioni, anziché prelevarli ai “pensionati qualificati”. I falsi invalidi godono dei frutti di un crimine; i pensionati, dell’applicazione della legge. Il ministro del Lavoro vigilante sa o non sa? E, se sa, perché non fa? Essendo un giovanotto nato e cresciuto nel napoletano, non ha mai sentito nulla delle truffe all’Inps, che altri ministri suoi corregionali osarono paragonare ad un diritto delle plebi meridionali mancanti degl’impieghi produttivi del Nord?

Infine, poiché l’articolo 36 della Costituzione stabilisce che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro” e la giurisprudenza ha sempre affermato che la pensione va considerata come “retribuzione differita”, risulta illegittima specificamente la confisca ope legis delle “pensioni qualificate”, delle quali godono appunto i pensionati che esercitarono lavori che, per qualità e quantità, le legittimano appieno, e che dovrebbero appartenere a loro stessi, mentre così diventano proprietà del governo e vengono colpite non con una generalizzata imposizione tributaria ma con un discriminatorio atto esecutivo mascherato da legge.

Al ministro Di Maio tutte queste ragioni sono state spiegate. Egli non le ignora, sebbene non le abbia capite. Perciò è deprimente per chi lo ascolta ed umiliante per lui che parla sentirgli dire che la confisca la pretende il popolo che lo ha votato e che egli deve assecondare. Non è forse compito costituzionale del Governo della Repubblica impedire al popolo di ottenere ingiustizia?

Aggiornato il 19 dicembre 2018 alle ore 11:24