Leoluca Orlando fa il disobbediente

venerdì 4 gennaio 2019


Se vi fosse stato un residuo dubbio sulla faziosità etica ed ideologica della sinistra la disobbedienza di Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, prontamente abbracciata dalla “compagnia dell’anello terzomondista” dei sindaci “rossi” e benedetta dal presidente dell’Anci, il barese Antonio Decaro, lo ha definitivamente fugato.

Il sindaco Orlando ha annunciato con somma enfasi di aver impartito l’ordine agli uffici dell’anagrafe cittadina di non applicare le norme contenute nel Decreto legge “Sicurezza”, di recente varato dal Governo giallo-blu, che fissano il divieto di iscrizione ai ruoli anagrafici comunali degli immigrati ai quali è scaduto il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Nello specifico, il sindaco di Palermo ha disposto la sospensione di “qualunque procedura che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alle procedure di iscrizione della residenza anagrafica”. La norma sarebbe disumana e criminogena, giacché trasformerebbe gli immigrati accolti in irregolari e, perciò, deve essere disattesa perché incostituzionale, parola di Leoluca Orlando. L’inossidabile palermitano che, nato democristiano, ha attraversato le stagioni della politica siciliana e nazionale procurandosi sempre di avere il vento in poppa, pensa di stare in un contesto ordinato dallo Stato di diritto scegliendo di applicare solo le leggi che piacciono e rifiutando quelle che non garbano o non collimano con i propri orientamenti ideologici. Troppo comodo proporre una versione à la carte della democrazia. Perché mai stupirsi? In fondo, i personaggi della sinistra sono fatti così: non concepiscono la sconfitta nelle urne giacché essi sentono di essere depositari di un interesse superiore che è il sommo bene del popolo, anche se il popolo medesimo non lo comprende.

Ma da quando il vaglio di costituzionalità delle norme ordinarie è passato alla giurisdizione del sindaco di Palermo? Da oggi è lui che giudica cosa è costituzionale e cosa non lo è? È dunque questa la missione che si è data l’allegra brigata dei sindaci disobbedienti? Sono loro, Orlando e compagni, la nuova opposizione “civile” alla maggioranza giallo-blu? Se è così, se è questo lo spessore della contestazione, Matteo Salvini può dormire sonni tranquilli: resterà al governo per i prossimi vent’anni. Come si può pensare di fare opposizione politica violando la legge da pubblici ufficiali? Liberi di provarci, ma è auspicabile che gli organismi competenti si muovano a dovere per sanzionare i comportamenti illegali. Poi vediamo quanto sono duri e puri questi novelli disubbidienti civili.

Negli anni Settanta e Ottanta Marco Pannella e i Radicali avevano il coraggio di andare contro la legge per denunciarne l’iniquità ma, allo stesso tempo, erano pronti a subire le conseguenze, anche penali, dei loro atti. I vari Dario Nardella a Firenze, Marco Alessandrini a Pescara, Giuseppe Falcomatà a Reggio Calabria, Luigi De Magistris a Napoli, che, dopo aver sbavato per le prodezze di un altro sindaco “disobbediente”: quel tal Domenico Lucano da Riace che ha fatto strame dei Codici e per questo è finito opportunamente sotto inchiesta, che si sono detti pronti a seguire il collega Leoluca Orlando sulla strada dell’illegalità, saranno in grado di tenere il punto quando riceveranno gli avvisi di garanzia? Pensano forse di proclamarsi martiri, per tentare di risalire nel consenso degli italiani? È più probabile che accada l’opposto: i cittadini dei municipi da loro amministrati non ne possono più di tanta inconcludente tracotanza e non chiedono di meglio che rispedirli a casa.

Per Salvini, al contrario, sarà un alibi formidabile scaricare ogni inefficienza del sistema di blocco dei flussi migratori da lui ideato su quei sindaci in bandiera rossa che si rifiutano di fare il proprio dovere. Contenti loro che, non avendo mai abbandonato il sogno di regalare al Paese un partito di sindaci scamiciati, nel vuoto di idee della sinistra oggi provano ad accendere la miccia della rivolta. Non che ciò in sé sia male. Finalmente potremo contare quanti cittadini sono disposti a seguirli, in carne d’ossa, sul terreno dello scontro frontale con il ministro dell’Interno. La norma contenuta nel Decreto Sicurezza regola un principio di elementare buon senso: i servizi pubblici sono in appannaggio dei cittadini e di chi risiede legalmente sul territorio nazionale. È così difficile capirlo? Purtroppo, in questa speciosa vicenda, la malafede la fa da padrona. Se i sindaci avessero voluto discutere dei possibili disagi che il nuovo regime normativo arreca ai territori da loro amministrati avrebbero potuto chiedere un tavolo di confronto al ministro dell’Interno. Invece, Orlando e compagni hanno scelto di buttarla in caciara cercando palesemente lo scontro con il Governo nella speranza che la tensione istituzionale li legittimi nel ruolo di alternativa extra-parlamentare agli odierni assetti governativi. Ne saranno entusiasti i candidati alla guida del Partito Democratico e i capi delle molte anime della sinistra radicale che si vedono rubare il mestiere.

A riguardo, la sparata propagandistica di Orlando rinfocola un sospetto che coltiviamo da tempo sulle iniziative “buoniste” dei compagni: fingendosi umanitari usano gli immigrati come testa d’ariete per imporre le proprie mire egemoniche. Stavolta però i “disobbedienti” potrebbero aver fatto un calcolo sbagliato visto che è Salvini ad avere la mano sul rubinetto che regola il flusso dei fondi per l’accoglienza ed è lui che ha il numero di telefono di tutti i prefetti d’Italia i quali, in base alla legge, possono annullare gli atti prodotti dagli uffici comunali. Nessuna guerra campale, dunque, tra sindaci “rossi” e ministero dell’Interno ma un taglio di rifornimenti alle fortificazioni dei rivoltosi. Sarà questa la strategia con la quale Salvini farà calare la cresta ai disobbedienti?


di Cristofaro Sola