Se spunta un’opposizione (nuova) al Governo

 

Volenti o nolenti, soprattutto in quello che resta del Partito Democratico (e, se vogliamo, della sinistra ufficiale), l’iniziativa del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, appoggiata da altri colleghi primi cittadini, non è tanto o soltanto un colpo secco contro il ministro degli Interni nonché vicepresidente del Consiglio, quanto, soprattutto, la dichiarazione d’intenti di un’opposizione dura indirizzata, particolarmente, contro quel Matteo Salvini che è di fatto il leader della Lega. Come si dice, specialmente dalle parti dei sindaci traditori come li ha definiti Salvini, se son rose fioriranno anche perché lo scenario offerto dall’attuale izquierda non più di governo ma di lotta, e a cominciare da un incerto Matteo Renzi, è quanto mai statico e comunque incapace di reagire almeno con un impegno uguale e contrario a quello dei due vice di Giuseppe Conte.

In questo senso, il no di Orlando and company all’applicazione del decreto del leader leghista a proposito di immigrati, tocca di certo le corde di un comune sentire nei confronti di una questione ormai non soltanto italiana ma europea, ma al tempo stesso dà una forma, sia pure abbozzata per ora, a un’opposizione non contro il nemico esterno, ma nei suoi gangli interni ad un Pd sempre più nei guai col suo (non) fare. Quello che chiamano da qualche parte il Renzi redivivo avrà di certo altre gatte da pelare in una situazione nella quale il “suo” Pd si sta squagliando e la sua “evaporazione, secondo il sociologo E. Minardi, può generare qualcosa di nuovo come a Roma dove nasce, con un respiro nazionale, “Democrazia Solidale”, e con uomini della Comunità di Sant’Egidio prende forma il Partito Democratico Europeo di Francesco Rutelli, e con Mario Mauro, a Torino, nasce “Rete Bianca”. Qualcosa si muove”.

In questo senso, la mossa orlandiana richiama antichi echi e vecchie risonanze della politica ai tempi della Democrazia Cristiana quando la sua sinistra indossava prevalentemente un cartello con la scritta “cattolici di sinistra” avendo dalla sua una parte della Chiesa, sia pure con Pontefici al di sopra della mischia, ma sempre e comunque estremamente sensibili a quei richiami, non foss’altro che per ragioni per dir così evangeliche. E, comunque, un occhio a Cristo e un altro alla Dc. Che oggi non c’è più ma non può sfuggire ad una attenta riflessione una cera voglia della sua rinascita che, senza alcun dubbio, sarebbe di gradimento alla Cei.

L’obiettivo di Orlando, come puntualizza il nostro direttore, è di arrivare a Papa Bergoglio, alla Cei e al mondo cattolico terzomondista per convincerli a scendere in campo contro il Decreto Salvini, contro la Lega e dare vita ad uno schieramento nuovo, alternativo al sovranismo populista oggi al Governo. E, al tempo stesso, stuzzicare quell’area del mondo pentastellato sensibile a questi problemi. La reazione salviniana al no di Orlando, De Magistris e altri, non si è fatta attendere e, fra una panino e un gelato, il ministro degli Interni ha bollato e figurativamente mostrato ai reprobi l’altro cartello con la scritta “sindaci traditori, dimettetevi!”, ma dentro di sé non poteva e non può non sapere che un invito del genere non sarà accolto e neppure accampandovi contro motivi di abusi d’ufficio, in una situazione in movimento in cui il sindaco palermitano ha comunque precisato, prudentemente, di interessare la magistratura.

In questo quadro il piede salviniano non potrà che premere con maggiore forza e, soprattutto, visibilità, sul tasto populista intasando Facebook e teleschermi vari riaffermando ai suoi elettori l’indefettibilità della sua politica per la sicurezza, senza tuttavia ignorare la più o meno visibile complessità della maggioranza a due in cui una parte pentastellata - pur con gli intrattenimenti di Luigi Di Maio in tuta sciistica e contro gli stipendi dei parlamentari da ridurre illico et immediate (ma la Lega ha detto no) - si mostra e si è sempre mostrata sensibile a un problema centrale come quello dell’immigrazione. Le preoccupazioni salviniane non sembrano affatto rivolgersi agli alleati di Forza Italia sullo sfondo di un centrodestra cui il Capitano ha inferto non pochi colpi, a cominciare da quello che Renato Brunetta ha definito il più grave per il tradimento dei suoi elettori col passaggio all’alleanza governativa con Beppe Grillo, e in attesa di una verifica elettorale come quella europea per la quale sarà messa comunque in primo piano la credibilità di questo centrodestra.

Anche al “suo” centrodestra sembrano per certi aspetti rivolte le parole di un autorevole rappresentante come Antonio Tajani che, in qualità di presidente del Parlamento europeo, lancia non da oggi richiami e riflessioni interessanti condite a critiche alla politica degli slogan del governo in cui eccelle il responsabile del Viminale in concorrenza col collega vice grillino, entrambi troppo assorbiti dalla foga degli spot per sentire equilibrate riflessioni a proposito del Decreto sicurezza: “Da una parte non posso sospendere l’applicazione di una legge solo perché non mi piace, ma dall’altra non si risponde a una chiara esigenza dei cittadini, quella di più sicurezza, solo con un cambio di giacca, facendosi fotografare un giorno con quella della polizia e un giorno con quella della Protezione civile. La sicurezza è un concetto complesso e come tale va trattato: si garantisce con un approccio sistemico a 360 gradi intervenendo su più tavoli, dalla Giustizia all’Economia”.

Parole sante. Ma l’ascolto?

Aggiornato il 07 gennaio 2019 alle ore 10:51