Il “Commisserio” dell’Unesco

Precisiamo subito una cosa: il Governo italiano ha nominato l’attore Lino Banfi membro della Commissione italiana all’Unesco, come referente per la comunicazione al posto dello scomparso Folco Quilici, e non rappresentante Unesco (resta al suo posto il professor Francesco Buranelli).

Detto ciò, forse sarebbe utile una riflessione sulla reale aderenza in termini di competenze del soggetto nominato rispetto al ruolo da svolgere. Sinceramente non ne abbiamo alcuna voglia visto che il disgusto per la polemica innescata riesce ad avere il sopravvento su qualsiasi riflessione sensata. Adesso hanno tutti la puzzetta sotto il naso, tutti definiscono una simile nomina come uno schiaffo dato in faccia a chi si è fatto un mazzo sui principali dossier culturali, tutti ironizzano sui filmetti in cui Lino Banfi era alle prese con il fondoschiena di Nadia Cassini o spiava dal buco della serratura una monumentale Edwige Fenech e insinuano perfidamente che ci sia una certa continuità tra Commisserio Zagaria, Commisserio Auricchio, Commisserio Bellachioma, Commisserio Lo Gatto, Commisserio Unesco (tranne l’ultimo, trattasi di personaggi interpretati dal comico pugliese).

Sono diventati tutti improvvisamente sensibili al bagaglio culturale dei soggetti di nomina governativa, tutti amanti della meritocrazia (anche coloro che volevano nominare un anonimo imprenditore amico a capo dell’unità di cybersecurity di Palazzo Chigi), tutti indignati per il basso profilo di Nonno Libero, tutti sensibili ai titoli di studio. E lo sono diventati anche quelli che nominarono Valeria Fedeli al ministero della Pubblica Istruzione o Nicole Minetti alla Regione Lombardia (non vanno meglio Danilo Toninelli alle Infrastrutture o Rocco Casalino alla Presidenza del Consiglio, sia chiaro).

Questo va detto per amor di verità e non per voler in qualche modo giustificare l’esperienza dei Pentastar al Governo, la quale è e resta un Minotauro per metà arrogante macchietta e per metà magmatica ignoranza. Ma che addirittura arrivi a storcere il naso anche il presidente dell’Osservatorio Internazionale Archeomafie secondo il quale la nomina di Lino Banfi “rischia di far perdere all’Italia la fiducia degli altri Stati membri e la posizione di leadership faticosamente conquistata negli ultimi decenni” ci induce ad esclamare un candido “ecchechezzo!”.

Comprendiamo che questo sia il gioco delle parti: da un lato la botta nazionalpopolare in perfetto stile grillino tesa a mescolare la comunicazione di massa con la comunicazione politica (o il popolo con le élite se vogliamo) e dall’altro lato il benaltrismo di chi fa lo scandalizzato a legislature alterne. Però così è troppo: come giustamente ha scritto il giornalista Luigi Monfredi in un suo post su Facebook “Lino Banfi è ambasciatore Unicef dal 2000, quando al Governo c’erano questi qua: Presidente del Consiglio Giuliano Amato (indipendente); coalizione Ds, Ppi, Dem, Udeur, Pdci, Idi, Ri, Sdi. Allora andava tutto bene. Oggi tutti esegeti delle tette di Edwige Fenech. Che poi, sta Commissione (peraltro tutta italiana) Unesco, mica sarà il Consiglio di sicurezza dell’Onu, no?”.

Non ci sarebbe altro da aggiungere se non che Il 2 giugno 1994 – su proposta di Silvio Berlusconi – Lino Banfi ha ricevuto l’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana onde poi ricevere nel 1998 – su proposta del presidente Romano Prodi – l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Si tratta quindi di uomo meritevole fino all’altro ieri.

Questo fa di quello grillino un movimento degno di governare? Questo fa di Banfi il miglior candidato in circolazione per l’Unesco? No, ma – stante il tenore delle polemiche – nemmeno chi oggi è all’opposizione appare degno di ricandidarsi a guidare il Paese.

Aggiornato il 24 gennaio 2019 alle ore 10:31