Migranti: le colpe degli affamatori

C’è una questione relativa al fenomeno del flusso dei migranti verso l’Europa di cui nessuno parla. Eppure, più che una questione è la questione.

Parlo dei migranti di oggi, della gran massa degli africani, perché pare che quelli di altri Paesi, ad esempio del Medio Oriente, che ve ne sono e ve ne saranno, pare siano diminuiti, quanto meno in proporzione a quelli provenienti dai Paesi dell’Africa, dai Paesi della grande fame.

E la questione dei motivi, delle ragioni, di questa fuga verso il Nord di gente che rischia di morire non solo in mare, rispetto alla quale la sensibilità umana di noi dei Paesi che costituiscono il miraggio nella loro disperazione, pare sia messa da parte.

Ne parlò giorni fa Luigi Di Maio, ma per insultare la Francia, più che per indicare il vero problema da affrontare per risolvere o, almeno, per rendere controllabile il fenomeno. I Paesi dai quali oggi si muove verso l’Europa l’esercito degli affamati sono tutti Paesi ex coloniali (in particolare io, benché assai poco e male informato ritengo), Paesi dell’Africa centrale ex colonia francese (la cosiddetta Africa francofona).

Si tratta di Paesi in cui manca il pane e mancano altri beni necessari, essenziali per la vita della gente. Non mancano, però, ricchezze naturali: petrolio e minerali costosi. Che non si possono mangiare e che non valgono un centesimo, un tozzo di pane per popolazioni che non hanno mezzi, strumenti e capacità di sfruttarli. Sfruttamento che è monopolio di grandi e potenti società straniere, che ne fanno oggetto di un monopolio di rapina che non giova alle popolazioni locali e, anzi, diventa motivo per ulteriormente opprimerle e che attiva meccanismi economici che aggravano localmente miseria e fame.

C’è tutto un sistema francese di controllo di situazioni monopolistiche dello sfruttamento delle ricchezze dei “Paesi della fame”, di cui poco assai si sa e si parla. E c’è stato, evento per noi assai importante, il colpo di mano contro il Governo di Gheddafi, operato dai Francesi ed Inglesi, con una complicità, tutta da rivelare e approfondire del ministro degli Esteri Italiano, tutto proteso alla conquista della carica, non ottenuta, di Segretario della Nato, che ha avuto per oggetto la riduzione delle ricchezze petrolifere della Libia nell’ambito del grande ciclo di sfruttamento di quello Centro-Africano.

Non abbiamo mai inteso il Papa, sostenitore delle “porte aperte” all’immigrazione, e che, oltretutto, a lungo ha evitato di parlare di solidarietà tra i popoli d’Europa nel sostenere l’accoglienza, facendone così cosa esclusiva o quasi all’Italia, parlare di necessità di non costringere le popolazioni ad emigrare in cerca del pane e del loro diritto ad avere, almeno, parte consistente delle ricchezze naturali dei loro Paesi. Né abbiamo inteso parlarne altri sostenitori dell’“accoglienza” senza limiti e misure.

Anche di queste, anzi, soprattutto di queste, s’ha da far carico alla grande ipocrisia che si manifesta in questa contingenza epocale. Un’ipocrisia che rischia di trascinare anche noi in un vortice di povertà e di anarchia.

Aggiornato il 31 gennaio 2019 alle ore 11:02