Gli incompresi al potere

Il carattere politico delle recenti elezioni abruzzesi esclude, a mio avviso, di considerare lo scarso radicamento sul territorio il principale motivo della débâcle rimediata dal Movimento 5 Stelle. Invece si avverte la netta sensazione che pure le componenti più irriducibili dell’elettorato grillino stiano cominciando a comprendere il rischio mortale che si sta correndo nell’aver mandato nella stanza dei bottoni una compagine di arroganti incompetenti, privi per soprammercato di uno straccio coerente di linea politica. Ed è soprattutto in questa chiave, unita alla mancanza di una opposizione sufficientemente credibile, che si spiega lo speculare successo del partito alleato della Lega di Matteo Salvini.

Una forza politica, occorre riconoscerlo al di là delle proprie convinzioni, che sta magistralmente sottraendo consensi al suo sodale di Governo attraverso una propaganda più accorta e sfruttando al meglio presso l’opinione pubblica la propria indiscussa superiorità organizzativa, rispetto all’accozzaglia pentastellata, costituita da una classe dirigente da decenni ben presente a livello locale e, dunque, considerata più affidabile dalla cittadinanza. Tant’è che proprio per rispondere in qualche modo alla crescente fiducia che Salvini e soci stanno riscuotendo anche all’interno delle roccaforti meridionali dei grillini, questi ultimi hanno messo in campo tutta una serie di iniziative eufemisticamente disastrose, a cominciare dal ritorno in patria di quella sorta di Robespierre de’ noantri rappresentato da Alessandro Di Battista. Una sequela di errori ed orrori politici culminati con la sciagurata visita del citato “Dibba” e del vicepremier Luigi Di Maio ad uno dei più feroci esponenti dei gilet gialli francesi, distintosi per aver invocato la guerra civile e auspicato un rovesciamento manu militari del Governo Macron. Tesi golpista ripetuta con ancora più enfasi dallo stesso personaggio ad una sbigottiva inviata di “Piazzapulita” e mandata in onda da Corrado Formigli nell’ultima puntata del suo talk-show.

Tuttavia di fronte a questa, per noi gufi liberali assolutamente prevedibile, caduta verticale dei consensi, molti esponenti del M5S si sono rifugiati in corner, invocando la classica spiegazione adottata in passato dalle odiate élite del centrodestra e del centrosinistra: abbiamo fatto tanto, ma non siamo stati in grado di comunicarlo in modo adeguato. Codesto è l’originalissimo mantra che le truppe cammellate grilline stanno ripetendo da lunedì scorso nei vari salotti radiotelevisivi.

In realtà le cose stanno esattamente all’opposto. Se infatti gli italiani fossero messi perfettamente in grado di comprendere fino in fondo la valenza dei disastri provocati in pochi mesi da questi dilettanti allo sbaraglio, tra cui l’aver contribuito al nostro completo isolamento internazionale e l’esser riusciti a creare un profondo clima di sfiducia sulle prospettive economiche dell’Italia, il crollo dei voti registrato in Abruzzo si trasformerebbe in una vera e propria rotta. Una colossale fuga in massa che finora è stata proprio evitata dalle fumose supercazzole dei nostri eroi a 5 Stelle, a cominciare dall’incredibile vicenda dei costi e benefici della Tav e per finire con la surreale questione di un reddito di cittadinanza psichedelico, elargito attraverso asini volanti con in groppa migliaia di alieni chiamati navigator.

Ma oramai siamo al redde rationem, come si suol dire. Sempre più stritolati da una realtà che, per definizione, non ha mai fatto sconti a nessuno, gli epigoni di Beppe Grillo, ammesso e non concesso che riescano a tenere in piedi l’alleanza con la Lega fino alla scadenza delle elezioni europee di maggio, rischiano comunque di finire assai prima del previsto nel vasto dimenticatoio della politica italiana. E noi gufi liberali non li rimpiangeremmo certamente.

Aggiornato il 18 febbraio 2019 alle ore 10:30