Per Giggino i miliardi nascono sotto i cavoli

A pochi giorni dal redde rationem del voto europeo, continua l’inverosimile disputa pre-elettorale tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio.

Oramai nel sedicente Governo del cambiamento ci si spara a palle incatenate, senza risparmiare munizioni in quanto a futuribili promesse al vento. Ultima in ordine di tempo quella pentastellata di un non ben precisato sostegno alla natalità per un miliardo di euro. Miliardo che Giggino giura di aver recuperato dai fondi per erogare il reddito di cittadinanza, ma che il ministro dell’Economia Giovanni Tria smentisce categoricamente. “Le coperture per il Decreto famiglia al momento non sono state individuate”, sentenzia Tria. E in merito ai presunti risparmi sbandierati da Di Maio aggiunge: “Sapremo a fine anno e non adesso se si spenderà meno di quanto preventivato”. Tant’è che, a conferma che il piatto del bilancio pubblico piange, come si suol dire, il citato decreto è stato temporaneamente accantonato, malgrado le reiterate proteste dei pentastellati, i quali continuano a ripetere che il miliardo promesso è vivo e lotta insieme a noi.

In realtà, come ci sforziamo di ripetere da tempo su queste gloriose pagine liberali, la condizione complessiva della finanza pubblica appare piuttosto preoccupante, soprattutto in relazione alla traiettoria, assolutamente fuori controllo, in cui l’hanno condotta i geni della lampada al potere. Oramai chi valuta ciò senza gli occhiali deformati delle varie tifoserie politiche sa che ci aspettano momenti piuttosto difficili, all’interno di un ventaglio di dolorose scelte possibili. Altro che tesoretti nascosti e coperture miracolose, come quelle inventate di sana pianta all’epoca in cui Di Maio esultava dal balcone di Palazzo Chigi, dunque!

Passata la sbornia della più assurda campagna elettorale della storia repubblicana, a prescindere dal responso delle urne sovrane, si dovranno trovare alcune decine di miliardi per impedire che si materializzi lo spettro di una devastante crisi finanziaria.

Escludendo che i mercati, più che l’Europa, ci consentano di utilizzare la leva del disavanzo, creando di fatto nuovo debito, e scartata l’opzione di tagliare la spesa pubblica con l’accetta per ovvie ragioni di consenso, è ragionevole attendersi una robusta dose di nuove tasse, onde tamponare le falle aperte nei conti pubblici dalle scellerate misure giallo-verdi. Tutto questo per evitare che, nell’imminenza della prossima legge di Bilancio, il Paese venga colto da una devastante crisi di sfiducia, innescando un tale aumento dello spread, già attualmente troppo alto, da condurci rapidamente al di fuori della zona dell’euro.

Se ciò dovesse malauguratamente accadere, chi ancora crede nelle virtù taumaturgiche del citato Governo del cambiamento si accorgerà, al pari di Giggino, che i miliardi per rimettere in sesto le casse dello Stato non si trovano sotto i cavoli. Anche se a quel punto i medesimi cavoli saranno realmente tutti nostri, e molto amari.

Aggiornato il 22 maggio 2019 alle ore 12:46