Elezioni alle porte: tempo di promesse, di bilanci e di bluff

Intendiamoci, passano le Repubbliche ma non i suoi cattivi vezzi (pardon, vizi), fra cui spiccano le promesse, quelle più speciali, più alte, giurate e spergiurate. Promises promises, parafrasando un vecchio ma sempre attuale film Usa degli anni Novanta, metafora dura e incandescente della difficoltà di scegliere fra i giuramenti elettoralistici e i richiami a quella realtà che proprio i climi elettorali mettono fra parentesi, senza tuttavia riuscire a sedare le liti. Interne. E a nascondere qualche bluff.

Un piccolo litigio, quest’ultimo fra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, con pseudo-richieste al collega leghista e vice, a proposito dei costi della propria campagna elettorale usando denaro pubblico (ministero degli Interni) guardandosene peraltro bene dal certificare i propri. La risposta resta avvolta nelle atmosfere pirandelliane del “così è, se vi pare”.

Intanto s’alza, sia pure con moderato rispetto, la voce del ministro competente, il buon Giovanni Tria che conferma, di nuovo, l’assenza di coperture per il declamatissimo “Decreto Famiglia” suscitando l’immediato controcanto dimaiano che ri-sventola il miliardo (uno) per l’Inps. Nel frattempo, Salvini si muove da Nord a Sud abbassando di poco lo sventolio del “Decreto sicurezza” cui è toccata la solita sorte. Il rinvio. Sullo sfondo la questione, non di oggi a dirla tutta, delle tensioni migratorie mediterranee cui è mancata e manca un’attenzione degna di questo nome come ciascuno di noi può seguirne la visione quotidianamente negli sbarchi, diminuiti ma non risparmiati proprio al ministro degli Interni davanti alla tivù. Come si dice: tempo di elezioni, tempo di promesse tenendo alta la bandiera, da parte dei governanti, di quel “Reddito di cittadinanza” che per non pochi commentatori specialisti del ramo, considerano un bluff, “nulla a che vedere con un meccanismo razionale di politiche attive per il lavoro, cioè di un aiuto concreto ai disoccupati per la ricerca di una nuova occupazione” (Italia Oggi) con, in più e in peggio, la delusione di molti che si aspettavano di ricevere dal ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, i 780 euro promessi e che si sono visti recapitare un assegno di 40 o 100 o 200 euro, tanto che sembrano essere sempre più numerosi i destinatari del Reddito di cittadinanza che si rivolgono agli sportelli dell’Inps per chiedere di rinunciare all’indennità, ritenendo che gli obblighi connessi siano troppo elevati rispetto all’importo percepito. Se ne è occupata una ricerca dell’Ocse che non nasconde le critiche alle politiche attive per il lavoro italiane con una noterella speciale: “I servizi pubblici per l’impiego hanno scarsa credibilità come intermediari”, basta un’occhiata ai numeri reali poiché, è sempre l’Ocse a dirlo, “attualmente non è presente nessuno strumento nazionale appropriato a sostegno dell’incontro fra persone in cerca di lavoro e posti di lavoro vacanti ed è impossibile introdurre una funzione di matching tra le regioni (che faciliterebbe la mobilità regionale) in quanto i pochi strumenti esistenti a livello regionale non sono armonizzati e non possono essere collegati”.

E non va dimenticato che il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali facente capo a Di Maio deve ancora emanare 16 provvedimenti attuativi del “Reddito di cittadinanza”. Parlare quindi di un bluff non è molto lontano dalla realtà effettiva che parla, più semplicemente, di assistenzialismo allo stato puro. Ci siamo soffermati su questo, che a non pochi appare come un dettaglio, perché fra l’incedere irruento di Salvini e quello per dir così predicatorio di Luigi Di Maio, sempre con riferimento alla bandiera quotidianamente messa al vento su Palazzo Chigi circa l’indefessa azione decretizia del governo (e del duo di cui sopra) si scopre che, sui quasi trecento decreti attuativi, meno del 20 per cento hanno concluso l’iter.

Tempo di elezioni e di promesse con un Salvini in lotta elettorale pro domo sua per rafforzare il ruolo di uomo forte, a scapito di Forza Italia, nel governo parallelamente al lavorio di Luigi di Maio che si batte per un ruolo decisivo all’interno del M5S. A parole. E dell’Europa?

Aggiornato il 23 maggio 2019 alle ore 10:30