Europa: chi ne ha parlato? Pochini…

giovedì 23 maggio 2019


Appelli per l’Europa, nuova, pardon, nuovissima (Luigi Di Maio, ecc.), si susseguono incessantemente. Molti appelli pochi, pochissimi programmi. Per non dire degli impegni. Più che di Europa (meglio, dell’Europa) s’è parlato di sovranismo. Già, appunto: inteso come rovesciamento del concetto di cui sopra. Ma non è sempre vero. Attenzione alle definizioni più o meno d’accatto nel senso e nella misura in relazione all’oggetto e, ovviamente, sullo sfondo di elezioni oramai all’angolo. Solo che all’angolo – come del resto è già capitato da noi – c’è finito il nostro caro, vecchio Continente del quale a non pochi è stato offerto una sorta di rovesciamento, il sovranismo appunto, che a ben vedere e a ben ragionare in termini politici non consiste sic et simpliciter nell’appello a rinchiudersi dentro i confini ma, piuttosto, in una mano offerta ai disinteressati, che sono in crescita, per rifuggire dalle semplificazioni, dalle esaltazioni, dai luoghi comuni.

Più si è aderenti all’europeismo, dei nostri nonni fondatori e di chi lo ha condiviso e portato avanti nei governi e nei parlamenti e nelle nuove adesioni, più si dovrebbe riflettere su un fatto per dir così storico dei nostri giorni, ovvero il rafforzamento delle identità nazionali. Intendiamoci: rafforzamento non in alternativa-antitesi all’Unione europea che c’è e ci sarà, ma come presa d’atto di una realtà, di nuovo politica, consistente nella non sparizione delle nazioni e, va da sé, delle identità nazionali.

Allo stesso tempo e a fianco di queste “difese” (messe non a caso fra virgolette) vanno collocati altri impegni che nelle loro espressioni esemplificative possono essere definiti a livello “terra terra” proprio perché attengono, sic et simpliciter, alla difesa degli interessi degli elettori dei diversi partiti in lizza. In questo senso, come sta scrivendo qualcuno, i concorrenti – a cominciare dal duo governante, ma non si sa fino a quando – si guardano bene dall’affrontare tematiche e problematiche che proprio in elezioni democratiche hanno la loro sede decisionale, legittima e necessaria, relegandole in uno speciale mondo costituito bensì da chiacchiere e promesse, ma avvolto in una vaghezza più degna delle favole che della realtà, peraltro immanente e imminente, ora con la chiamata alle urne e dopo col governo continentale.

L’elenco di simili divagazioni “nulliste” sarebbe troppo lungo e ben lo sa innanzitutto il nostro giornale che si ostina a metterle nero su bianco, ma basta qualche esempio come la non attuata ratifica dei nuovi accordi di libero scambio, la necessità o meno della revisione di Schengen, l’ipotesi di far entrare altri Paesi nella Ue, e quali, se rendere possibile il referendum europeo di iniziativa cittadina o, addirittura, se creare una forza armata europea. E ci fermiamo qui per non annoiare lettori ed elettori.

Su questo sfondo di mancanze, gli appelli in corso e che ne riguardano i cosiddetti contenuti e obiettivi, si ripetono incessantemente su mass media e internet con l’invito a recarsi alle urne indirizzato soprattutto ai tanti (tantissimi) incerti, filo o antieuropei, la cui probabile scelta nel depositare il voto non potrà non essere contro giacché (lo dice un sondaggio) fra coloro che non vogliono votare e gli indecisi (sono in maggioranza gli ostili) essendo del resto più facile e naturale che un elettore disinteressato al turno europeo, qualora decida di recarsi alle urne, si esprima contro anziché a favore dell’Europa.

Occorre altresì prendere atto che la grandissima parte dei votanti alle elezioni europee si è sempre espressa con uno sguardo attento alla politica nazionale e se ne deduce che il 26 maggio crescerà l’interesse per la politica per l’Europa, ma inevitabilmente contro piuttosto che a favore dell’Europa presente e futura s’è dunque discusso e proposto ben poco all’elettore, forse anche per non disturbare il manovratore seduto a Palazzo Chigi. Richieste pluriquotidiane di recarsi alle urne, ed è normale. Ma che ci si potrebbe attendere dal contenuto di appelli al voto da parte di chi ci governa che, comunque sia, dovrebbe, a rigor di logica politica, assumersi degli impegni veri e forti, ma che rischia poi di doverseli rimangiare come capita adesso al Movimento 5 Stelle.

Appunto.


di Paolo Pillitteri