Europee: pochi programmi, le sorprese dopo (forse)

venerdì 24 maggio 2019


Il quadro previsionale elettorale non sembra offrire eccezionali novità non foss’altro perché, come ha rilevato il nostro direttore, i mass media si sono praticamente distinti in un fiancheggiamento conformista del giustizialismo malato di grillismo, con la Rai colta dalla stessa malattia e con, a latere (si fa per dire) la concorrente La7 schierata per l’alleanza del Partito Democratico con il Movimento 5 Stelle.

Il fatto è che le elezioni sono bensì europee, ma non possono non avere una risonanza sostanzialmente politica non fosse altro perché si pongono come termometro sotto le ascelle di un Governo a due del quale è necessario osservare la temperatura, va da sé politica ma, al tempo stesso, programmatica e, comunque, rivolta al futuro.

Intanto, al di là di qualsiasi simpatia, il ritorno di Silvio Berlusconi nell’arena della partita del 23 maggio consiste in una novità non solo o non soltanto perché si colloca fra Matteo Salvini e un centro propriamente detto, ma per la spinta berlusconiana che vi è stata impressa come se l’autore, nel sollecitarne i consensi, chiedesse qualcosa di più di una fiducia, ma una rinnovata fedeltà da pretendere da una Lega che non ne è stata di molto partecipe, finendo in un Governo dove la forza principale (per ora) si è sempre contraddistinta con l’urlo antiberlusconiano, oltre che antipartitico.

Berlusconi c’è, come si dice non soltanto dalle parti di Arcore ma addirittura dall’interno di una Forza Italia che non è apparsa in una luce precisamente attivista in questa campagna elettorale, sia pure europea e qua e là amministrativa. Vedremo.

In attesa di leggere il responso del termometro alla data fatidica, si possono registrare soprattutto i contrasti fra i due governanti, esemplare quello sull’abuso di ufficio sollevato da un Salvini nel giusto ma pur sempre nell’esibizione muscolare pro domo leghista, mostrando tuttavia un’attenzione alle questioni giuridiche fino ad ora disattese proprio dal salvinismo di lotta e di governo.

Esemplare anche la risposta dell’alleato Luigi Di Maio di cui era prevedibile il no all’eliminazione del reato e, per converso, la relativa marcia indietro salviniana con un “bisogna modificare la norma e punire i colpevoli” cui hanno fatto da contrappunto, non inatteso, le reazioni pentastellate con le prevedibili e consuete insinuazioni dei giustizialisti sul carattere “ad personam” delle proposte degli altri, soprattutto se tese a delimitare il potere eccessivo delle procure.

Lo sfondo politico di queste Europee resta tuttavia segnato sia dalla grande, ampia maggioranza (numericamente più che politicamente) dei partiti governativi - con notazioni a sfondo colpevolista (altrui) ed elogi a se stesso di un loquacissimo e visibilissimo Di Maio - che si giova, soprattutto, della mancanza di un’opposizione degna di questo nome, a cominciare da un Pd zingarettiano del quale si temono eventuali accordi di governo post 26 maggio con il M5S, e con un Matteo Renzi e il suo gruppo senatoriale dichiaranti la propria ostilità a tali intese cui Nicola Zingaretti ha risposto, per ora, scegliendo la strada del no ad accordi per un governo prima di andare alle urne, richiamando così una invocazione per elezioni anticipate.

I giochi politici non sembrano tuttavia accogliere senso e portata di un’elezione fra poche ore, fermandosi, appunto, al significato ludico del termine con la sparizione o quasi di proposizioni programmatiche sostituite, come per inerzia, dalle considerazioni televisive dello stesso Salvini che ha espresso il suo “basta!” nei confronti dei pentastellati e ai loro “No”: all’autonomia, alla Pedemontana, alla Tav, alla Flat tax, al decreto sicurezza bis.

Cinque “No” per una campagna elettorale che definire sui generis parrebbe banale. Ma non troppo.

Basta aspettare.

 


di Paolo Pillitteri