Il partito dei magistrati e il voto del 26 maggio

Siamo nella fase dei commenti, delle “interpretazioni”, delle previsioni che fanno sempre seguito ad un’importante prova elettorale, specie se conclusa con risultati non irrilevanti né scontati. Si discute del ruolo dei vincenti e dei perdenti, delle (per lo più sballate) cause dell’esito delle votazioni. Di come sarebbero andate le cose se…etc. etc. Non mancano rilievi giusti ed importanti, ma, per lo più si è di fronte ad aria fritta.

Specie da parte dei perdenti che “scoprono” le diverse vie del successo per “la prima volta”. Nessuno parla del ruolo avuto, delle conseguenze che dovrà subire il Partito dei Magistrati. Perché un ruolo, una sua parte nell’esito del voto quel partito l’ha avuta. Come altre volte in passato, ma con alcune novità rilevanti.

Intanto, per la prima volta, oltre alla mano (o al piede, a “gamba tesa”) del P.d.M. della campagna elettorale e ad incidere sul risultato, c’è stata la presa d’atto di qualche protagonista anzitutto della presenza e, poi, della parte che le toghe avevano nella partita. Persino Silvio Berlusconi, quando era oggetto di un tiro al bersaglio senza pudore da parte della Magistratura come tale, si era ben guardato di denunciare tale partecipazione contro di lui. Parlava sempre di “alcuni P.M. Comunisti”.

Oggi abbiamo avuto Salvini che ha intuito che la Magistratura ha assunto un ruolo di partecipazione allo scontro politico, individuando pure qualche strumento e modalità di interventi. La sua dichiarazione contro l’abuso dell’abuso d’ufficio è acuta e non va dimenticata. Ma occorrerà che a non dimenticare siano anche quanti vorranno coprire quella che è la situazione politica del nostro Paese e, soprattutto che non sia Salvini stesso a mettere da parte la questione da lui sollevata alla vigilia del voto e non dimentichi che il Partito dei Magistrati non si sgretola e non si scioglie per una sconfitta che, del resto, nessuno gli mette a carico.

L’impegno del P.d.M. nella competizione elettorale c’è stato, anche se assai meno rilevante di come qualcuno aveva previsto qualche mese fa, è stato soprattutto assai poco coordinato e, salvo qualche particolare situazione locale, poco e per nulla articolato con l’azione di quei partiti che l’azione delle Toghe stava favorendo. Se ritengo che, comunque la Magistratura politicamente impegnata ha fatto la sua parte, ha perso e, è da ritenere, prepari la rivincita, non è per le imprese del Procuratore di Agrigento (che ha fatto guadagnare voti a Salvini) né per la grossa “retata” milanese, ma, per ciò che è visibile soprattutto nel Sud: per la pressione che con l’incombente minaccia di almeno una iscrizione nel registro degli indagati, con cui sono stati (e sono) tanti sotto tiro centinaia e centinaia di Sindaci ed altre centinaia di Amministratori vari. Spesso per una non occulta “segnalazione” da parte di qualche gallonato Cinque Stelle.

C’è poi da dire che anche la ripetizione della solita sceneggiata della Commissione Antimafia dei tempi della Bindi, con le liste degli “impresentabili” malamente e senza alcuna utilità ripetuta dall’attuale presidente, il pentastellato professor di Cosenza, Morra, è stata un flop più ridicolo che altro ed ha segnato un altro fatto assai rilevante. Ci sono segni di scadimento e di usura dello spadroneggiare dell’Antimafia.

L’Antimafia, come corpo politico e strumento di intimidazione e di liquidazione di avversari politici è in crisi. Sono diventati comuni valutazioni e discorsi di insofferenza di tale ruolo che fino ad un anno fa non potevate sentire che da me. Ma questo è un discorso a parte. È invece attualissimo l’interrogativo: Salvini metterà da parte i suoi propositi di demolizione degli strumenti di persecuzione e di funzione politica del Partito dei Magistrati e, più in generale i suoi propositi, saltuariamente espressi, sulla giustizia?

Certo, pure, se vorrà, invece, ricordarsene, non c’è da stare troppo tranquilli. Nelle sue mani questioni delicate e complesse, anche assai impellenti ed utili, rischiano di prendere una cattiva strada. Un ruolo correttivo di una distorsione istituzionale della giustizia, la vedo male in mano ad un forcaiolo.  Ma questo passa il convento.

Aggiornato il 31 maggio 2019 alle ore 10:51