Caro Matteo, attenzione alla legge di Lincoln

Non credo che per Matteo Salvini ci siano molte altre alternative ad un rapido ritorno alle urne, capitalizzando il travolgente successo ottenuto nelle elezioni europee. Ed è proprio in questo obiettivo che sembra ragionevole individuare il movente dell’accelerazione imposta all’azione del Governo giallo-verde, imponendo di fatto ai traballanti soci del Movimento 5 Stelle l’applicazione tout court della sua linea programmatica. Utilizzando ciò a mo’ di leva, il leader del Carroccio evidentemente vorrebbe costringere Luigi Di Maio e soci ad un tale livello di subalternità e di conseguente irrilevanza politica, da portarli ad una inevitabile rottura. A quel punto si aprirebbe un scenario con due sole strade percorribili per Salvini: a) scioglimento delle Camere ed elezioni entro il 2019; b) formazione di un governicchio del presidente, con un temporaneo quanto comodo riposizionamento della Lega sui banchi dell’opposizione, rinfocolando tutto il suo armamentario propagandistico contro l’Europa e i cosiddetti poteri forti.

In alternativa, l’Esecutivo in carica potrebbe tentare la perigliosa navigazione che lo aspetta quando dovrà superare il grande scoglio della prossima legge di stabilità. Ma dal momento che pure i sassi hanno oramai compreso che il vero capo del Governo è Salvini (in tal senso, giunti al fin della licenza, i grillini più legati alle poltrone sono costretti ad accettarne la supremazia), quest’ultimo è disposto ad intestarsi politicamente tutte le inevitabili conseguenze di un passaggio tanto difficile e complicato? Un passaggio che, come ho avuto modo di scrivere su queste pagine, implica un aggiustamento dei conti pubblici piuttosto duro e dai contorni molto impopolari o, nel novero delle catastrofi a scelta, uno sciagurato “me ne frego” all’Europa e ai mercati, sforando di parecchio il nostro già alto deficit e creando i presupposti per un drammatico attacco speculativo ai danni del Paese.

Su questo piano, il ministro dell’Interno continua a rassicurare gli italiani, rilanciando addirittura la posta con la promessa di realizzare la misterica flat tax ed impegnandosi a non far scattare i previsti aumenti dell’Iva. Tuttavia, chi conosce la situazione dei conti pubblici, soprattutto in relazione alla sostenibilità del nostro colossale debito sovrano, sa bene che per mantenere in piedi la linea Salvini occorrerebbe un mega finanziamento di molte decine di miliardi di euro. Ossia altre valanghe di quattrini da chiedere in prestito, contando sulla benevolenza degli investitori interni ed esteri.

Trattasi quindi di un evidente azzardo politico, fondato su un altrettanto evidente bluff economico e finanziario, che dovrà necessariamente risolversi, positivamente per la Lega, entro un tempo relativamente breve. Anche perché, mi permetto sommessamente di ricordare al Matteo nazionale, in Italia è sempre molto in voga la cosiddetta legge non scritta di Lincoln, la quale nel giro di un anno ha praticamente dimezzato i consensi degli scappati di casa a 5 Stelle: “Si possono ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre; ma non si possono ingannare tutti per tutto il tempo”. E tempo, ahinoi, ne è rimasto ben poco.

Aggiornato il 03 giugno 2019 alle ore 10:34