La stanza di Ercole. Non basta un “contratto” per governare

mercoledì 5 giugno 2019


La disomogeneità dei due Movimenti che oggi governano il Paese sta diventando patetica e, al tempo stesso, sta, giorno dopo giorno, dimostrando che non si governa un Paese con un “contratto” ma con un “programma”. Il “Contratto”, infatti altro non è che la sommatoria di compromessi da onorare cercando sempre un equilibrio negli interessi delle due parti, delle due componenti che perseguono interessi e finalità completamente contrapposte. I governi anche quelli definiti di coalizione devono necessariamente avere un “programma comune e condiviso”. Ebbene, abbiamo forse impiegato molto tempo, cioè un anno, ma ora tutti sia gli schieramenti alla opposizione, sia i due Movimenti al Governo hanno capito che lo strumento del “contratto” può portare solo alla rottura della compagine. È infatti sufficiente che non si raggiunga un pareggio su due distinte finalità per generare la crisi e per evitare la crisi ci si aggrappa all’unica speranza quella del mantenimento dell’attuale Parlamento.

Questo assurdo accordo tra i due Movimenti forse sarebbe potuto sopravvivere ancora se la sommatoria degli errori commessi in soli dodici mesi non avesse denunciato uno stato di crisi davvero preoccupante; una crisi che non può essere affrontata con la logica delle distinte convenienze:

- salario minimo (Movimento 5 Stelle) e autonomie regionali differenziate (Lega)

- sì alla Tav (Lega) e interventi a favore della famiglia (Movimento 5 Stelle)

- sì al decreto legge Sblocca cantieri (Lega) ma temporanea rivisitazione per alcune opere strategiche (Movimento 5 Stelle)

- sì alla flat tax (Lega) e attuazione del provvedimento di riforma della giustizia (Movimento 5 Stelle)

Sono consapevole del fatto che si tratti unicamente di esempi, ma ritengo testimonino la gravità democratica in cui questi due schieramenti sono caduti e penso sia naturale che questo assurdo comportamento provochi nel brevissimo periodo un obbligato chiarimento istituzionale. Senza dubbio un Parlamento con una maggioranza così rilevante dei due schieramenti al Governo non potrà incrinare questo assurdo comportamento dell’esecutivo, ma il Presidente della Repubblica e alcuni parlamentari sia del Movimento 5 Stelle che della Lega stanno capendo che in questo modo si rischia di godere, ancora per poco, dei vantaggi di un consenso diffuso per poi perderlo e, soprattutto, annullare una credibilità che loro stessi non immaginavano di acquisire in così poco tempo. Infatti il crollo del consenso nei confronti del Movimento 5 Stelle nelle elezioni europee nasce proprio dalla perdita di credibilità; una perdita legata alla ridicola formulazione del “Reddito di cittadinanza”, al mantenimento della Tap, dell’Ilva, dell’Alta Velocità Genova-Milano (Terzo Valico dei Giovi) e alla folle previsione di una crescita del Pil di 1,5% rivelatosi falso in quanto nei fatti siamo ad una crescita zero.

Allora un Parlamento cosciente penso non possa assistere a questa naturale crisi dell’intera economia del Paese e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sono sicuro, non può consentire una conduzione dell’Esecutivo estranea dai principi di una sana condivisione delle scelte. Sicuramente questa anomalia concettuale, questo, mi spiace ricorrere ad un brutto termine, aborto istituzionale andava rilevato sin dall’inizio, ma forse si sperava che, in fondo, il cosiddetto “contratto” era un programma condiviso e invece no e l’intero iter dei provvedimenti finora approvati in Parlamento è stato caratterizzato proprio da un sistematico compromesso: si dei parlamentari della Lega al “Reddito di cittadinanza” e si del Movimento 5 Stelle al “Quota 100” e questo comportamento si sta ripetendo nelle commissioni di Camera e Senato nell’esame del Decreto legge “Sblocca Cantieri”. Ormai sta finendo la pazienza e nessun contratto potrà sanare la dicotomia che si verrà a creare fra giorni quando:

- si dovrà rispondere alla serie di vincoli, di raccomandazioni imposti dalla Unione europea

- si dovrà decidere se aumentare l’Iva

- si dovranno trovare alternative alla ipotesi di un recupero di 18 miliardi dalla vendita di beni immobili dello Stato (la stima non supera i 230 milioni)

- si dovrà ricorrere ad una manovra bis prima della Legge di Stabilità

- si dovranno ancora per molto tempo bloccare gli investimenti nel comparto delle infrastrutture per carenza di risorse nel 2019

- si dovranno elencare le infrastrutture strategiche da portare avanti

- si dovrà prendere atto che la gara della Tav non era un atto teorico ma, a tutti gli effetti, una procedura irreversibile

Finalmente sentiremo ancora per poco il vicepresidente Matteo Salvini e il vicepresidente Luigi Di Maio dichiarare: “Governeremo ancora per quattro anni perché abbiamo da fare tante riforme”; anche loro sanno che simili dichiarazioni non hanno più senso perché insieme hanno sottoscritto un accordo utile per garantire la gestione del potere ma non per ottenere risultati.

(Tratto da Stanze di Ercole)


di Ercole Incalza