Alta velocità: la vera rivoluzione industriale

In occasione dei festeggiamenti per il decennale dell’alta velocità, è necessario sottolineare come la nuova rete ad alta velocità prenda le mosse da un’azione oggi considerata inutile: la programmazione delle esigenze economiche del Paese a 20 anni e l’innesto in quel contesto di un grande progetto, appunto l’alta velocità.

Inutile ricordare che fu un Piano Generale dei Trasporti nel 1986, sotto il Ministero governato  da un politico di razza come Claudio Signorile, ad avviare in Italia un momento di grande programmazione economica che includesse la realizzazione di un progetto visionario: quadruplicare in asse i binari esistenti, con nuovi  tracciati, raggi di curvatura, sistemi di segnalamento, sistemi di  controllo della marcia treno, sistemi di sicurezza della circolazione, nuove logiche costruttive dei sottosistemi elettrici e di trazione, nuovi materiali rotabili.

L’innovazione è stata talmente dirompente da spostare in alto quella che in economia si chiama frontiera di produzione, modificando la stessa natura industriale del settore ferroviario, generando un indotto prima elettromeccanico ed oggi digitale ed informatico che ha cambiato totalmente i connotati produttivi ed industriali del  settore prima, e poi di un insieme di sotto settori che hanno trovato e continuano a trovare soluzioni innovative per inseguire sempre lo stesso obiettivo: coprire più spazio possibile nel minor tempo possibile, in assoluta sicurezza,  aggregando sistemi locali e comunità prima poste a distanze tali da non poter concludere un viaggio di andata e di ritorno nell’arco della stessa giornata.

E come una cascata generabile solo dalle intime modifiche dei criteri di produttività di un settore, l’innovazione ha riguardato le regole dei mercati, l’entrata dei privati nell’erogazione dei servizi, lo sviluppo di strumenti finanziari a  servizio di un progetto economico: ha provocato l’accessibilità dei territori a costi contenuti per i singoli  individui, rendendo nei fatti possibile attuare i principi costituzionali che stanno alla base della nostra democrazia ed erogare servizi di collegamento di livello superiore.

L’invenzione dell’Alta Velocità non si è però fermata mai: e non mi riferisco solo ed esclusivamente ai 170 diversi mestieri e lavori che costituiscono oggi le famiglie professionali del gruppo Ferrovie dello Stato e che tutti i giorni realizzano il sogno dell’AV. Mi  riferisco a tutte le azioni poste in essere nel corso degli anni per rendere reale quel sogno, a tutte le azioni poste in essere per superare le défaillance dello Stato come programmatore delle risorse economiche, del Ministero  dell’Economia e delle Finanze e della Cassa Depositi e Prestiti come pianificatore dei finanziamenti  di medio periodo, dei professori universitari  che hanno garantito la continuità di quel sogno al Ministero dei Trasporti e che fecero parte della commissione di verifica dell’AV nel 1998, delle intelligenze ingegneristiche e tecniche che erano nei consorzi tecnologici dell’AV in Sirio, nelle intelligenze giuridiche che avevano prodotto prima il codice degli appalti  De Lise e poi il decreto appalti 163, nelle intelligenze istituzionali  collocate presso la Struttura Tecnica di Missione delle grandi opere previste dalla Legge Obiettivo che hanno garantito operatività ai lotti costruttivi, pianificato nel medio periodo le azioni connesse al completamento del sistema AV, che hanno ogni anno riservato, impegnato e costruito una architettura normativa, economica e deliberativa del Cipe e della programmazione nazionale che ha garantito negli anni di crisi economica il sostegno finanziario al trasporto ferroviario AV.

Potrei fare molti nomi, diversi per appartenenza politica e ruoli ricoperti ma chi ha partecipato e partecipa a questo grande progetto si potrà riconoscere. Ma a questo esercito, devo affiancarne un altro, quello che ha creduto e che crede nello spreco di risorse del sistema AV, quello che ha instillato nei politici protempore il concetto errato della project review, che ha deviato con precise  azioni l’ordinario percorso di produzione di stati di avanzamento dei lavori  del Terzo Valico dei Giovi, che ha contribuito allo stato larvale in cui versa oggi il mercato delle costruzioni, che ha approvato nel 2016 un Decreto Legislativo Appalti che oggi si vorrebbe sospendere, che ancora oggi blocca l’operatività del completamento dell’asse orizzontale di Brescia a Verona Vicenza e Venezia , che inventa parametri inesistenti e volutamente errati per sminuire i benefici ed aumentare i costi di sedicenti analisi costi benefici, che applica in nome di un malinteso senso dell’indipendenza delle Autorità di regolazione regole astruse ed antieconomiche in grado di incidere sull’equilibrio economico del gestore, che regola il settore non come se fosse un nuovo settore industriale con le politiche appropriate ma che riduce, in una logica di contabilità regolatoria, le continue spinte evolutive di Rete Ferroviaria Italiana.

Anche questi signori, se hanno una coscienza coerente con sé stessi, si riconosceranno.

Mi spiace che Lorenzo Necci non ci sia più perché avrebbe toccato con mano cosa significhi nel tempo la forza concettuale delle scelte strategiche valide: era impensabile che una azienda, quella delle Ferrovie dello Stato, con 216.000 dipendenti riuscisse:

- a produrre una azione così rilevante ed incisiva nell’intero assetto economico del Paese
- a produrre ricchezza dopo decenni di bilanci negativi
- a cambiare l’assetto e le abitudini degli utenti di un servizio trasportistico che cambiava le logiche tradizionali dell’abitare, della fruizione del territorio
- a coinvolgere davvero gli interessi del privato
- a ridurre i livelli occupazionali interni inutili e a creare livelli occupazionali esterni con elevata specializzazione e con ricaduta economica rilevante
- a rendere possibile un aumento del PIL di oltre il 16% in venti anni di investimenti infrastrutturali nell’intero territorio nazionale

Spesso comprendo l’odio e il rancore di coloro che non avendo capito e vissuto direttamente un simile fenomeno hanno cercato di bloccarlo e ne hanno denunciato con dati falsi le negatività. Hanno perso e anche se cercano, in questa fase di consenso diffuso, di scrivere articoli e libri per raccontare apprezzamenti a sostegno del progetto dimenticano che l’ipocrisia alberga in coloro che non hanno e non avranno mai una coscienza intellettuale.

(Tratto da "Stanze di Ercole")

Aggiornato il 13 giugno 2019 alle ore 16:06