Disinformazione televisiva e scemenze sovraniste

giovedì 13 giugno 2019


“Conoscere per deliberare”, sosteneva quel gran liberale che fu Luigi Einaudi. Ciò vale soprattutto nell’ambito di una collettività nazionale da sempre poco avvezza a far di conto, in particolare quando si tratta dei cosiddetti soldi pubblici.

Ma per conoscere e poi, eventualmente, deliberare la propria scelta politica nel segreto dell’urna, occorre prioritariamente che l’informazione, segnatamente quella televisiva, faccia appieno il proprio dovere attraverso una corretta verifica delle varie tesi sul tappeto. Invece assistiamo da tempo ad una sorta di teatrino dell’assurdo in cui, con grande disappunto da parte degli ascoltatori più preparati, vengono presentate molte tesi e proposte chiaramente strampalate, se non addirittura basate su false informazioni, che nel giro di pochi giorni arrivano a monopolizzare il dibattito che si svolge sul piccolo schermo.

I minibot ne rappresentano un caso vergognosamente eclatante, al pari dell’eterna discussione sul tanto bistrattato spread, diventato per alcuni un ossessivo sinonimo di complotto mondiale ai danni del Paese di Pulcinella. Proprio il più accreditato sostenitore dei citati minibot, il leghista Claudio Borghi, è stato il protagonista di un clamoroso sfondone durante una recente puntata di “Piazzapulita”, programma di apprendimento politico condotto su La7 da Corrado Formigli.

In sostanza, l’attuale presidente della Commissione Bilancio della Camera ha sparato in successione due balle colossali, senza che i suoi interlocutori avessero nulla da eccepire al riguardo. Onde sostenere la sua ben nota avversione alla moneta unica europea, Borghi ha dichiarato che i Paesi che non l’hanno adottata, citando Ungheria, Polonia, Giappone e Stati Uniti, “non hanno lo spread”. Ed a questa prima bubbola, il nostro campione sovranista ha agganciato la seconda, facendo intendere che una volta tornati ad una valuta nazionale il dannato spread sparirebbe d’incanto, grazie alla potenza illimitata della nostra banchetta nazionale, prestatrice di ultima istanza.

Ora la cosa grave non è consistita nella dichiarazione di un personaggio il quale, avendo a lungo operato nel mondo finanziario, mente al popolo dei telespettatori ben sapendo di mentire. La cosa grave è che nessuno dei presenti in sala, a partire dal pur preparato Formigli, per finire con gli ottimi Ferruccio De Bortoli e Alessandro De Angelis, ha avuto nulla da eccepire su una simile cialtronata. Nessuno si è sentito in dovere di sbugiardare Borghi, spiegando ai cittadini in ascolto due semplici dettagli, per così dire.

In primis, dato che lo spread costituisce la differenza tra il tasso di rendimento del titolo decennale di un Paese (nel caso dell’Italia, il Btp) rispetto all’omologo tedesco, il Bund (dunque si tratta di un riferimento puramente relativo) non esiste al mondo uno Stato sovrano che possa emettere debito infischiandosene del tasso medesimo. Tant’è che bastava elencare i relativi spread dei Paesi citati dal politico leghista – spread che per la cronaca per Ungheria e Polonia risulta più elevato del nostro – facendogli fare una figura da peracottaro. In questo, mancando all’obbligo di svolgere il proprio compito di cani da guardia del potere, i giornalisti intervenuti hanno in qualche modo offerto una patente di legittimità teorica alla scemenza allo stato puro espressa da Borghi. A tal proposito, è anche possibile sostenere che tornando alla vecchia liretta le nostre future emissioni andrebbero a ruba a tassi addirittura più bassi di quelli teutonici, sebbene ci sia una possibilità su un miliardo che questo avvenga.

Ma non si può accettare che si racconti in diretta televisiva la colossale frottola di un Paese che uscendo dall’euro non dovrebbe più fare i conti con lo spread. L’informazione seria non dovrebbe farsi complice, così come purtroppo sta accadendo da troppo tempo in queste lande desolate, dello sdoganamento di tesi e proposte economico-finanziarie a dir poco scellerate.


di Claudio Romiti