La tragedia di un partito che non c’è

venerdì 14 giugno 2019


Siamo trascinati oltre l’orlo del baratro dal più gaglioffo Governo che si sia mai avuto, espressione della rissa tra le sue componenti, retto, più che su una maggioranza fasulla, sulla mancanza di una opposizione che sia veramente tale e capace di rappresentare una alternativa.

Cittadini emarginati in una Repubblica in cui non troviamo chi possa dire chi ci rappresenti, stiamo regredendo al vagheggiamento di ciò che non c’è e che vorremmo ci fosse. Del resto questa capacità, se così può chiamarsi, di identificarci in un partito che non c’è, e non c’è mai stato non è nella storia, espressione di demenza di un popolo. Potrebbe esserne invece la religione civile, la chiave di un futuro vivibile: la salvezza. Diciamo pure che, se una svolta in futuro ci sarà, se potremo tornare a godere delle nostre libertà ed a godere del frutto della ragione e dell’espressione della nostra storia, ciò non potrà venire che da questa percezione di oggi del vuoto, da ciò che la determina. Gli “accomodamenti” con quanto “passa oggi il convento”, la “correzione” dell’essenza dei partiti oggi presenti in campo non ci daranno, invece che il prolungarsi di una dolorosa agonia.

Uomini liberi quale vogliamo essere e rimanere, abbiamo però accettato fino ad oggi passivamente la mancanza di un partito liberale. Non potremo tornare a vivere dignitosamente altro che con la nascita di una grande forza liberale, che non abbia remore a dichiararsi tale e ad agire come tale. È quella di una forza liberale un vuoto che affligge l’Italia da decenni.

Da ultimo quel vuoto è stato coperto, camuffato dalla presenza di Forza Italia, il partito di Silvio Berlusconi che, in effetti, lo concepì in un primo momento come un “partito liberale di massa”, ma che poi ripiegò su quello che gli sembrava il più facile e “digeribile” dal Paese, cioè un “partito dei moderati”. Una sorta di nuova Democrazia cristiana. Anche se a questo partito si sono cercati di dare significati diversi nel lessico della geografia politica, partito dei moderati rimane e rimarrà sempre un non senso.

Moderati: come dire non eccessivi, “non troppo”, “abbastanza ma non oltre”. Partito del non troppo! Ma che cosa dovremo essere “moderatamente” non ce lo dice Berlusconi e non e lo dirà nessuno.

Per questo credo che sia bene non dimenticare una figura che, ritenuta classificabile come appartenente all’area di Forza Italia e di Berlusconi, è la personificazione dell’antitesi della moderazione. Gli si rimprovera di non conoscere moderazione. Parlo, lo avrete capito, di Vittorio Sgarbi. Non è facile dirsi d’accordo con lui anche se è impossibile non riconoscere che il suo spirito, la sua cultura, ma anche il suo stile, apparentemente solo screanzato, sono doti essenziali perché ci si possa dire liberi e liberali. Senza un po’ di “sgarbismo” non c’è e non ci sarà una forza che possa dirsi liberale e democratica. Lo sta dimostrando con il modo in cui tiene testa all’andazzo di questo populismo becero al potere, di questi “Amici del Bar dello Sport”.

Giorni fa, senza falsa modestia ha dichiarato, e a mio parere ha dimostrato, di essere stato lui a sconfiggere a Ferrara, la sua città, la Sinistra da sempre al potere in quel Comune. Ha fatto così una lezione sulla forza della cultura e della ragione. Certo, se avremo finalmente un partito liberale, tale non “moderatamente”, non vi troveremo Sgarbi docile militante. Non è fatto per dar prova di spirito collaborativo. Ma la ragione e la cultura sono sempre personalissime e, al contempo, universali.

Non vi domandate il perché di questo mio rimuginare, di questo mio omaggio, che, poi, non è tale, ad un amico (che mi avrà dimenticato). C’è bisogno di verità e se la verità ci offre qualcosa di percepibile, quale figura concreta apprezzabile sarebbe stolto non darne atto.


di Mauro Mellini