Facile dire “niente tasse”, ma attenti ai mercati

Le riflessioni sui partiti-movimenti di oggi sono svariate e pure interessanti ma, soprattutto, necessarie. Critiche comprese.

Come quando, come ieri, il direttore ha ragionato a proposito di una Forza Italia che, ci sia consentita una divagazione fiabesca, appare ai più come una sorta di bella addormentata nel bosco. Si parla di riorganizzazione, di comitati e comitatini e quant’altro per un rilancio, non foss’altro per l’imminenza di prove elettorali che, come si sa, rappresentano l’unico, vero, concreto esame di maturità in base ai consensi, fermo restando che il problema di fondo è sempre, come si diceva una volta, politico.

Di certo, l’impressione che sta dando Forza Italia di essere ancora e sempre in mezzo al guado - chiediamo scusa per la semplificazione - non va esattamente nella direzione di cui sopra, a cominciare proprio da quella necessità superiore e indispensabile per qualsiasi partito che è l’autonomia, e che sembra messa in secondo piano se non addirittura da parte in favore delle tanto quotidiane quanto secondarie pressioni e insistenze, provenienti da Arcore, per un centrodestra unito e compatto, e su un Matteo Salvini che è sempre più con un vento in poppa nutrito, troppo spesso, proprio da quelli che furono i consensi berlusconiani. Ma tant’è. E si vedrà.

Sul vento in poppa salviniano è comunque utile l’analoga riflessione di cui sopra a proposito di FI proprio per quel successo pressoché costante di un Salvini che, specialmente nel suo apparire televisivo e incessante, peraltro ben studiato dai suoi consulenti d’immagine, è pur sempre fedele al leggendario motto d’antan, di lotta e di governo, ma con un surplus propagandistico che consiste essenzialmente nel lancio e rilancio di riforme, programmi, progetti, decisioni che, in genere, appartengono alla immortale categoria delle promesse. Il punto di forza di queste sta in un gridato day-by-day: “niente tasse!”.

Come si sa, tuttavia, fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, ovverossia la realtà che, secondo non pochi esperti, ci racconta una storia un po’ diversa nel senso e nella misura in cui è stato verificato fino ad ora l’esatto opposto di quel leggendario “No”, sia pure in quantità ridotte, che potrebbe rischiare di tramutarsi in una leggenda, appunto.

E ben sapendo che cosa significhino per un elettorato di centrodestra sia la diminuzione che la semplificazione del fisco all’italiana che non sia soltanto di nome, con un risultato attuale tuttavia che, a detta di non pochi analisti, ha comportato un aumento proprio di quel carico tributario dovuto, per non pochi, ad una Lega il cui comportamento insistente sulle promesse di cui sopra a proposito della sbandierata flat tax potrebbe risolversi in un incremento del debito pubblico, in mancanza di una autentica, profonda, necessaria e storica riforma fiscale.

Del resto, l’ultima tesi, vale a dire la proposta di un intervento del fisco sui contanti detenuti nelle cassette di sicurezza, pare a non pochi vada nel senso opposto dell’obiettivo da raggiungere, “perché viene percepita come una sorta di riedizione del furto notturno di Giuliano Amato ai danni degli italici risparmiatori”.

Intendiamoci: Matteo Salvini non può ignorare il significato di quella scelta lontana, ma, al tempo stesso, tiene d’occhio il possibile aumento di consensi, da aggiungere a quelli notevoli che oggi gode, in virtù certamente di una riduzione di un carico fiscale a dir poco invadente purché si evitino le cadute in situazioni non positive, serie e gravi per i conti. Cadute alle quali non potrebbero mancare le censure, magari dai toni fermi ma diplomatici da parte dell’Unione europea, benché ritenuta vecchia e illegittima dal leader leghista.

Ma l’operazione, usiamo ancora il condizionale, produrrebbe reazioni ancora più dure e pericolose, simili a vere e proprie censure, da parte dei mercati che, a proposito di queste iniziative, non sanno cosa sia la diplomazia.

Aggiornato il 17 giugno 2019 alle ore 10:05