Formica e Moro

L’intervista di Rino Formica sul Corriere della Sera riapre capitoli mai chiusi della storia repubblicana, proponendo ancora una volta interrogativi che, sul piano giudiziario come su quello politico, attendono ancora una risposta definitiva. Una risposta che, forse, non avremo mai.

Affrontando il tema del sequestro dell’omicidio di Aldo Moro, Formica ricorda che, in quei 55 giorni, i socialisti incontrarono più volte esponenti della sinistra radicale vicini alle Brigate Rosse e aggiunge, quasi sorpreso, di ritenere incredibile la sola ipotesi che nessuno si fosse accorto di nulla e che a nessuno fosse venuto in mente di seguire quegli emissari per individuare la prigione in cui era trattenuto lo statista democristiano.

Le parole di Formica rievocano quelle, pronunciate anch’esse a molti anni dai fatti, di Steve Pieczenik, consulente del Dipartimento di Stato americano, inviato in Italia per sostenere il ministro degli Affari Interni Francesco Cossiga. Pieczenik fu l’ideatore della falsa notizia del ritrovamento del cadavere di Moro nel Lago della Duchessa: una fake news a seguito della quale fece rientro in Patria. Missione compiuta: il segnale che mai si sarebbe intavolata e una trattativa e che Aldo Moro era considerato “già” morto era inequivocabile, anche per i brigatisti.

Intervistato da Gianni Minoli sugli accadimenti di quei giorni e su che cosa pensasse del tentativo di Bettino Craxi (contrario alla linea intransigente di Dc e Pci), Pieczenik rispose: noi avvicinammo Craxi e gli dicemmo che sapevamo. Che cosa sapessero, Pieczenik non l’ha mai rilevato.

Forse le parole di Rino Formica possono aiutarci a formulare qualche ipotesi. È vero - lo dice anche Miguel Gotor nel libro “Aldo Moro, lettere dalla prigionia” - che personaggi di spicco del Psi tennero aperto un canale di comunicazione con i terroristi, corroborando un fronte politico minoritario, ma giudicato pericoloso da Governo e maggioranza. Pericoloso perché, come non mancò di rilevare Indro Montanelli, la sopravvivenza di Moro avrebbe potuto determinare un cambio di posizione del nostro Paese, che sarebbe scivolato nel gruppo dei non allineati, fuori dai tradizionali schieramenti dell’epoca.

Moro vivo sarebbe stato “un punto irriducibile di contestazione e di alternativa”, come egli stesso scrisse a Benigno Zaccagnini, segretario del partito. La convergenza di interessi tra democristiani e comunisti, sterilizzò le iniziative di Craxi e contribuì a tenere in vita per qualche anno ancora un sistema ormai scricchiolante.

Bettino Craxi non c’è più; Formica, a 92 anni, ci ha regalato una piccola tessera di un mosaico che è ben lontano dall’essere completato. La prossima volta parliamo della lettera a Taviani...

Aggiornato il 08 luglio 2019 alle ore 11:19