Leonardo Sciascia, oltre tre decenni or sono, formulò una richiesta al Parlamento italiano, proponendo che per un tempo determinato si astenesse dal varare leggi di riforma, pur continuando a percepire lo stipendio nelle persone dei singoli parlamentari. Lo scrittore infatti temeva non solo le leggi vigenti – già allora confuse, aggrovigliate, a volte inesplicabili – ma, ancor di più, le leggi di riforma che le avrebbero sostituite: in realtà, ancor più confondendole, aggrovigliandole, rendendole impossibili da decifrare. Naturalmente, il Parlamento continuò imperterrito a riformare tutto il riformabile ed anche il non riformabile.

Ebbene, oggi le cose non sono molto diverse, se il Governo mette mano a riformare per l’ennesima volta il Consiglio superiore della magistratura. E intende farlo sotto due direttrici complementari, ma entrambe assai discutibili. Per un verso, intende sorteggiare i componenti del Csm – sia pure da una rosa predeterminata – allo scopo di sottrarli all’egemonia delle correnti e delle lorio intestine lotte di potere. Il sorteggio è stato nell’antichità uno dei metodi tradizionali dell’agone democratico. Tuttavia, esso – icasticamente definito quale metodo di una “aleocrazia” (cioè democrazia dell’azzardo) – presta il fianco a due obiezioni insuperabili: esso infatti da un lato non tiene in alcun conto le qualità soggettive delle persone sorteggiate, la loro competenza, i loro limiti, le loro reali capacità; dall’altro lato, non spinge in alcun modo i sorteggiati a far del loro meglio per ottenere una eventuale riconferma, impossibile nel sorteggio. Infatti, il sorteggio è un metodo arcaico, buono per le società non ancora sviluppate, ove le fazioni e le contrapposizioni siano tanto violente da sfociare nella ingovernabilità.

Oggi, residua solo nella scelta dei componenti popolari delle giurie di Corte d’Assise, ma per una motivazione fondamentalmente diversa: qui il sorteggio serve solo a garantire che i giudici non possano esser scelti con criteri previamente politici, non ispirati a giustizia.

Per altro verso, il Governo vuole attribuire al Csm il compito di indicare alle Procure, periodicamente, ove rivolgere in via prioritaria l’azione penale, che tuttavia rimane obbligatoria. Un vero assurdo: attribuire ad un organo di amministrazione – quale il Csm – la scelta dei reati da perseguire, finendo con il subordinare alla prospettazione politica o parapolitica l’attività giurisdizionale.

Insomma, un vero pasticcio, per giunta anche incostituzionale. Se ne accorgerà il Governo?

Aggiornato il 16 luglio 2019 alle ore 11:29