Un pestaggio finito con la morte della vittima ad Alatri. L’omicidio di un Carabiniere a Roma. Due fatti gravi, quanto dolorosi, per chiunque. Ma a leggere la cronaca ed a veder certe immagini c’è una terza vittima: la libertà, che mai sopravvive in quelle società che negano o umiliano il sacrosanto diritto di chiunque, qualunque sia il crimine – anche il più efferato – di cui esso sia accusato, ad un giusto processo. Ebbene sì, è giunta l’ora di chiedersi che Paese siamo diventati e quale il brodo di coltura di questa incipiente barbarie.

Inutile nascondersi dietro un dito: è cresciuta impetuosa nella pubblica opinione italiana l’idea della indifendibilità ed è idea che, all’evidenza, ha fatto breccia anche in soggetti portatori di responsabilità pubbliche. Ma come di fronte ad ogni fenomeno, anche il più deteriore, occorre chiedersi come, quando e perché esso si è determinato. Come Thomas Mann sono persuaso che “tutto è politica” e questa vicenda non costituisce, ai miei occhi, eccezione. Il Far West di oggi è figlio di una visione disneyana della giustizia ed in ultima analisi della società: i buoni (ai quali tutto deve essere concesso) da una parte, i cattivi (ai quali nessun diritto può essere riconosciuto) dall’altra.

Ma occorre – altrimenti l’analisi sarebbe monca – chiedersi a chi ha giovato ed a chi giova tutto ciò. Chi scrive un’idea ce l’ha, e pure una data d’inizio. La Tangentopoli, proprio di recente da taluni fieramente rivendicata – quasi a mo’ di atto ri-fondativo della Repubblica – in morte di Francesco Saverio Borrelli. Quella Tangentopoli che fu l’esito di un percorso iniziato molto prima, negli ormai lontani anni della lotta armata (soprattutto a sinistra qualcuno dovrebbe cominciare ad interrogarsi con sincerità su cosa fu il teorema Calogero e su ciò che ne conseguì), ma che segnò, anche simbolicamente, la trasfigurazione in un indebito soggetto politico di un Ordine dello Stato.

Un peso politico non riconosciuto, anzi negato, dalla Costituzione, che doveva – e deve – fondarsi su un consenso di stampo chiaramente populista, non a caso sapientemente vellicato. Sul punto non sono consentiti nasini all’insù e scandalizzazioni ipocrite. Quelli che gioiscono nel veder bende e manette, così come quelli dell’invettiva agli avvocati difensori, sono gli stessi che ieri lanciavano le monetine al Raphael e oggi si augurano castrazioni chimiche e pubblici patiboli. Sono sempre gli stessi utili idioti. Solito ottuso, quanto inconsapevole, alimento dell’autentica torsione autoritaria in atto da più di trent’anni in questo disgraziato Paese.

Questa è una crisi di sistema, di assetti ordinamentali, e solo la politica, quella con la “P” maiuscola, ammesso che ancora esista, può porvi rimedio purché, non è scontato, lo voglia e ne abbia la forza. Altrimenti, come il Tony D’Amato di “ogni maledetta domenica” un centimetro alla volta finiremo nel baratro, senza neppure la consolazione della magistrale interpretazione di Al Pacino.

Aggiornato il 29 luglio 2019 alle ore 13:13