Colazione al Palazzaccio

Davvero siamo una nazione nella quale la refezione scolastica deve finire in Cassazione? Purtroppo sì. Lungi da noi inseguire i supremi giudici lungo il tortuoso sentiero del diritto. Ma solo ribadire un aforisma del saggio Jemolo, secondo il quale un aspetto del buon senso è il senso delle proporzioni. Non rinveniamo né l’uno né l’altro nella vicenda, nelle autorità o cittadini che l’hanno sollevata, nelle toghe che l’hanno elevata nei gradi della giurisdizione, nei massimi giudici che l’hanno decisa tirando per le bretelle i pantaloni dei sacri principi dell’89: uguaglianza, libertà, dignità.

Sappiamo che, se il ricorso è legittimo, ammissibile, la Cassazione deve pronunciarsi. Deve sanzionare inequivocabilmente il torto e la ragione, basandosi sulle leggi e interpretandole. Siamo certi che i giudici del diritto fossero indispettiti dal doversi occupare di panini e companatici, volendo pure evitare di insudiciarsi gli ermellini con l’olio d’imbottitura.

La scienza giuridica è stata chiamata dalla Giustizia ad esaminare un caso che neppure Salomone avrebbe gradito risolvere, sebbene al modo suo ben noto. Il ridicolo topolino sgusciato fuori dagli arzigogoli della decisione (giustizia è fatta, finalmente!) somiglia a quelli che s’annidano felici nelle derrate guaste. La refezione, dunque, è un vero regno dell’uguaglianza, legale e materiale. A ciascun scolaro lo stesso cibo. Perché non esiste alcun diritto soggettivo (perfetto, si capisce) a mangiare quel che pare e piace: gli scolari devono mangiare la minestra statale, per centomila motivi, primi tra tutti il sanitario e il nutrizionale. Così, invece di adattare il cibo ai gusti individuali, bisogna che i gusti personali cedano allo stesso unico cibo che passa il convento. Una bella lezione di comunismo in salsa scolastica. Il giudice sarà pure la bocca della legge, ma non dovrebbe farle masticare gli alimenti degli impuberi. Una sentenza “politicamente corretta”, a quanto pare. Portarsi da casa un panino a gusto proprio costituisce un diritto umano naturale, praticato dagli adulti in ogni dove, che non può essere negato agli adolescenti. L’Onu, l’Ue, la Consulta hanno forse smesso di salvaguardare i diritti dell’infanzia?

Aggiornato il 02 agosto 2019 alle ore 11:57