Quel quadretto da Mulino Bianco

Parliamoci chiaro: il quadretto da “Mulino Bianco” che premier e soci vogliono farci bere non esiste. Perché oltre alla grande insofferenza interna all’alleanza, c’è la realtà nella Ue che prende corpo. L’Europa, incassata la remissività assoluta dell’Italia, in cambio di qualche lustrino e di paillettes, sta presentando il conto dello scambio. Non solo infatti la nomina di Gentiloni è stata subito sterilizzata con l’affiancamento del tutore Dombrovskis, ma sul patto di stabilità e immigrazione è ritornato tutto in alto mare, appunto.

Del resto si sa: il diavolo blandisce e poi si prende l’anima. Ecco perché, aiutata l’Italia a fare il gioco di palazzo per evitare il voto, nella Ue ogni ipotesi è stata rimessa sul tavolo delle chiacchiere che, per fare scena, vengono chiamate trattative. A partire dalla flessibilità sui conti, la cui dimensione non è fissata e difficilmente arriverà a quanto servirebbe (12 miliardi). Su Dublino, per l’accoglienza e la redistribuzione dei migranti siamo punto e a capo: parole e dichiarazioni d’intenti. Né più né meno di ciò che è stato sempre.

Ecco perché il coro del governo sul successo ottenuto in Europa rispetto all’alleanza precedente è una millanteria sfacciata. Fino ad ora non è cambiato nulla. Come se non bastasse, restano aperti i dossier sulla Tav, sulle acque territoriali a largo della Sardegna, che Gentiloni scriteriatamente ipotecò per la Francia. E, soprattutto, i criteri di flessibilità che non potranno scavalcare la rigidità dei patti.

Insomma, fino ad ora non c’è stato garantito un tubo. Ecco perché nelle dichiarazioni sono stati infilati gli inglesismi più fumosi sulla Green economy, sul New deal ambientalista, per cercare di ottenere soldi, aggirando i vincoli di stabilità. La realtà è che, ancora una volta, il centrosinistra pur di governare si è prostrato alla Ue in cambio di un appoggio gattopardesco che finirà con una ulteriore sottomissione e penalizzazione per l’Italia e gli italiani.

Per farla breve, quale sia la flessibilità sui conti che ci sarà concessa la pagheremo cara, sia per l’allargamento del deficit che in futuro dovremo ripianare, sia in termini di rinunce aggiuntive sul potere contrattuale nei confronti dell’asse franco-tedesco. Ecco perché il quadretto da “Mulino Bianco” e la stagione di un nuovo Umanesimo di Conte sono solo chiacchiere che non incantano. Lo stesso abbassamento dello spread è stato un regalino temporaneo generato ad hoc, che nulla c’entra col rilancio e la ripresa economica, anzi.

Tanto è vero che le previsioni sulla crescita peggiorano, l’inflazione è ferma, i consumi e gli investimenti pure, e ammessa la flessibilità auspicata (12 miliardi), i risparmi su quota 100 sugli interessi e sul reddito, bisognerà trovare altri 15 miliardi, per l’Iva e un briciolo di cuneo fiscale. Esattamente tutto come poche settimane fa, con l’aggravante che un governo di sinistra statalista e assistenzialista, lo shock fiscale lo farà al contrario aumentando le tasse e la persecuzione della produzione della ricchezza e dell’intrapresa.

Per queste ragioni, non mandare gli italiani al voto è stata un’ipocrisia totale, un opportunismo che purtroppo pagheremo, che peserà sul futuro dei giovani e degli anziani, di tutti quelli che sono senza lavoro, senza pensione in attesa dei 67 anni, per non dire dello sviluppo del Sud del Paese. In conclusione, pur di non far vincere il centrodestra si è non solo calpestata l’evidenza elettorale, la democrazia reale, ma si è preferito, ancora una volta, che a pagare le spese dell’ipocrisia della sinistra fossero il popolo e il Paese. Alla faccia del nuovo Umanesimo.

Aggiornato il 12 settembre 2019 alle ore 16:21