L’ossessione di Franceschini

Se Matteo Salvini si fosse chiamato Salvoni, a Dario Franceschini sarebbe scoppiata l’ossessione Silvio Berlusconi. Cioè avrebbe cominciato a definire il leader leghista un emulo del Cavaliere Nero, pericolo pubblico numero uno in quanto nemico della democrazia ed inguaribile puttaniere. Invece il cognome di Salvini finisce in “ini”. E così al neo ministro della Cultura è venuto facile dipingere il capo del Carroccio in un emulo di Benito Mussolini. Di qui le sue trame per costruire una cintura sanitaria attorno al fascista redivivo e far nascere il Conte bis destinato a scongiurare le elezioni anticipate intese come una nuova Marcia su Roma. E ora che Matteo Renzi ha deciso di uscire dal Partito Democratico e formare un suo partito, accusa l’ex Premier di essere una sorta di collaborazionista del Salvini-Mussolini. Perché, ha detto il ministro, furono le divisioni dei suoi avversari a consentire al fondatore dei fasci di andare al potere.

Non si è capito bene a quali divisioni abbia voluto fare riferimento Franceschini. Alla scissione di Livorno di Gramsci e Bordiga? Alla spaccatura dei popolari di Don Sturzo? Alle fratture dei liberali di Facta e Giolitti? Il mistero del Ministro della Cultura rimane fitto. Anche se più che un mistero sembra una banale forzatura figlia della sua tendenza all’ossessione per l’“ini”. Come se Renzi si chiamasse Renzini e fosse un parente stretto di Salvini e Mussolini. Povero Franceschini!

Aggiornato il 19 settembre 2019 alle ore 10:33