Scacco matto a Zingaretti

mercoledì 18 settembre 2019


Il dado è tratto: Matteo Renzi ha annunciato, dopo anni di allusioni e minacce, che si metterà in proprio fondando un movimento politico che si posizionerà verosimilmente al centro facendo – e questo ce lo auguriamo – la fine di tutti i cespuglietti che tempo per tempo hanno tentato di riesumare la Democrazia Cristiana.

Se si fa eccezione per Luigi Di Maio che politicamente è un minus habens, chi ha fatto veramente la figura del pollo in questa vicenda è il povero “Zinga”, al secolo Nicola Zingaretti. Il maldestro segretario democratico se l’è fatta fare sotto il naso dal “signor distruggere” di Rignano sull’Arno, quello che passa per fine stratega essendo invece in realtà un dalemiano inconsapevole, uno cioè che riesce a trarre linfa vitale solo distruggendo tutto ciò che tocca.

Se riavvolgiamo il nastro delle vicende del Partito Democratico negli ultimi anni, apparirà chiaro quanto la beffa scissionista renziana fosse nell’aria e quanto fosse facile prevederla.

A valle del fallimento (per fuoco amico) rimediato da Matteo Renzi al referendum sulle riforme, l’ex segretario democratico – allergico al dissenso e amante dei plebisciti purché quello portato in trionfo sia lui – l’aveva giurata al suo Partito (che già considerava ex). Con un colpo di mano aveva infatti infarcito le liste per le elezioni politiche di candidati di assoluta fede leopoldica in attesa del casus belli.

Involontariamente, con quella che passerà alla storia come la crisi del mojito, l’altro Matteo (Salvini) gli aveva servito su un piatto d’argento l’occasione per sbattere la porta. D’altronde le posizioni in campo erano troppo chiare per non intuire la fregatura: Zingaretti voleva il voto per derenzizzare il Pd, Renzi guardava con aristocratico ribrezzo i Pentastar che altrimenti avrebbero fatto un patto di legislatura con Zingaretti, mentre i grillini dicevano tutto il male possibile sul Nazareno che pareva il male assoluto. Quando Renzi, a crisi appena iniziata, ha cambiato idea speronando la segreteria del suo partito e costringendola a deviare verso un accordo con i Cinque Stelle, a Zingaretti cosa è balenato in mente? Nulla, il vuoto cosmico. Ha solo cercato in maniera infantile di accontentare Renzi (che aveva dalla sua i gruppi parlamentari) tagliandosi gli attributi. Anzi, ha anche pensato di ammansirlo concedendogli posti di governo. E così il fratello ingenuo di Montalbano si è ritrovato invischiato in un governo a sua insaputa.

Appena il Pd si è impantanato fino al collo nella nuova avventura (a nomina dei sottosegretari avvenuta), Matteo Renzi ha dato il benservito alla Ditta di bersaniana memoria annunciando la formazione di gruppi parlamentari autonomi e una nuova Leopolda che sancirà la nascita del suo Partito. Una mossa moralmente ignobile ma logicamente prevedibile.

Scacco matto al povero Zinga: Renzi controlla il Governo essendo determinante con i suoi gruppi nei due rami del Parlamento, controlla il Governo in Consiglio dei Ministri attraverso nomine gentilmente offerte dal Pd, controlla il partito di Zingaretti grazie al fatto che molti suoi fedelissimi (sindaci e parlamentari) sono rimasti a bella posta nel Pd per influenzarne le mosse.

A livello comunicazionale, Matteo Renzi si è già scelto un nemico utile alla sua narrazione che risponde al nome di Salvini: ricordate? Renzi ha sempre bisogno di un nemico e quando non lo trova se la prende con i gufi. Si è anche già scelto un partito da dileggiare succhiandogli voti: il Partito Democratico descritto come un elefante fuori dalla storia e dilaniato da correnti. Infine, ha già scelto un governo da pungolare rosolandolo quotidianamente. Con la scusa di stimolare il dibattito non perderà occasione per dimostrare che Di Maio e Conte sono degli incapaci e vagamente idioti facendo il professorino antipatico sotuttoio.

La lunghissima campagna elettorale del “signor distruggere”, che logorerà tutti gli altri, durerà il tempo utile a consentirgli di organizzare il suo nuovo soggetto politico e magari di lucrare una legge elettorale favorevole. E mentre Di Maio trema al sol pensiero di farsi fotografare al tavolo con l’odiato Renzi (descritto come il simbolo del male fino a ieri), Zingaretti giace al Nazareno come un ebete perché non sa come dire a Sergio Mattarella che un fiorentino gli ha rifilato un pacco napoletano portandolo al governo con l’unico scopo di guadagnare tempo. Già, Sergio Mattarella, il Presidente che ha confuso un gioco di palazzo per una maggioranza politica.

Adesso Zingaretti – se veramente non vuole passare per un pollo ruspante – colga d’anticipo Renzi e stacchi la spina al governo dopo la finanziaria. Non concedere tempo al partito della Leopolda è l’unica arma che ha per arginare il fallito tentativo maldestro di ricompattare il Pd intorno alle poltrone del governo rossogiallo.


di Vito Massimano