Il tema preferito del ceto politico-burocratico

Non stupisce affatto che il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, abbia rilanciato il tema infinito dell’evasione fiscale. L’idea di indicare nella stessa evasione fiscale il principale ostacolo allo sviluppo economico, così come ha sostanzialmente indicato Blangiardo, costituisce uno dei principali cavalli di battaglia del ceto-politico burocratico il quale, per dirla in termini estremamente sintetici, trova nelle risorse fiscali il proprio pane quotidiano. Risorse ovviamente da spendere per sé e da redistribuire ai relativi gruppi di consenso.

In altre parole, si può anche dire che chi vive di tasse e chi sulle tasse costruisce la propria fortuna politica sarà sempre pronto ad rappresentare il bieco evasore come il principale responsabile dei problemi che affliggono una Repubblica delle banane fondata sullo sperpero del denaro pubblico.

Molto ci sarebbe da scrivere sullo schematismo, a mio avviso distorto, con cui si analizza il citato tema dell’evasione fiscale. Per non parlare delle stratosferiche stime legate al colossale mancato gettito il quale, se recuperato in tutto o in parte, ci trasformerebbe nel Paese più ricco del mondo.

Tuttavia nel ragionamento di Blangiardo, ennesima fotocopia di una sinistra tesi trita e ritrita, mi sembra interessante evidenziare uno dei suoi principali fondamenti. Ossia il presupposto, assolutamente mai dimostrato in nessun luogo della Terra, secondo il quale in termini generali i quattrini gestiti dalla mano pubblica avrebbero un ritorno economico decisamente migliore rispetto a quelli controllati dalla cosiddetta società spontanea, alias società civile. Tant’è che, coerentemente con questo dogma statalista, il presidente dell’Istat, in audizione parlamentare sulla NaDef (Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza) avrebbe proprio individuato nella stessa evasione fiscale e contributiva il principale ostacolo “per il rafforzamento della capacità di crescita del nostro Paese e per l’efficacia e l’equità delle politiche pubbliche”.

Quindi, in accordo con questa diffusissima linea di pensiero, si presuppone che lo Stato, in termini astratti, i politici e i burocrati, in termini concreti, siano più bravi a perseguire gli interessi dei cittadini-pagatori rispetto a quanto questi ultimi lo sarebbero con i propri quattrini.

Ma nonostante la stessa classe politico-burocratica attualmente controlli oltre il 50 per cento della ricchezza prodotta, la quale per la cronaca comprende circa il 20 per cento di evasione stimata, il sistema economico continua a languire dentro una preoccupante stagnazione. Evidentemente tutto questo non è ancora sufficiente onde realizzare la felicità del popolo. Prima di raggiungere il paradiso del socialismo finalmente realizzato, nel quale lo Stato leviatano provveda a qualunque bisogno, c’è ancora un po’ di strada da compiere. Altre campagne di lotta all’evasione e di aumenti più o meno occulti di tasse ci aspettano. L’importante è avere fede nella politica e nel suo braccio secolare della burocrazia giusta, equa e solidale.

Aggiornato il 10 ottobre 2019 alle ore 11:13