La sveglia brutale di Erdogan

venerdì 11 ottobre 2019


La minaccia del sultano turco Recep Tayyip Erdoğan di inviare in Europa i tre milioni e mezzo di profughi presenti nel suo Paese è inaccettabile per la sua assurda brutalità, ma ha un paio di effetti collaterali che non sono affatto negativi. Il primo, e principale, è che impone ai tutti i Paesi dell’Unione europea di affrontare il tema dell’immigrazione che fino ad ora è stato considerato una questione riguardante solo i paesi mediterranei.

Tre milioni e mezzo di profughi in marcia verso il cuore dell’Europa non rappresentano più un problema da scaricare sulle sole spalle di Italia, Malta, Grecia e Spagna. Diventano una questione prioritaria anche per gli Stati del Nord, quelli che fino ad ora si sono sentiti protetti dal cuscinetto formato dalle nazioni meridionali o che hanno furbescamente realizzato una politica di accoglienza selettiva aprendo le frontiere solo ai migranti provvisti di preparazione professionale e tecnica utile al proprio sistema produttivo e chiudendo le porte a quelli poveri e disperati.

La minaccia di Erdogan, dunque, diventa una potente sveglia per quegli europei che si erano cullati nel sogno di poter ignorare o tenere sotto stretto controllo il fenomeno migratorio a cui i Paesi mediterranei non riescono a dare una risposta efficace. Se una massa di milioni di persone minaccia di muoversi verso il cuore del Vecchio Continente, il sogno si spezza in maniera drammatica. Soprattutto per le conseguenze che il sogno spezzato provoca all’interno delle società fino ad ora addormentate. Come insegnano i rigurgiti di razzismo ed antisemitismo della Germania dell’Est.

È difficile immaginare come l’Europa possa e sappia reagire al problema incombente. Non ha una politica estera comune, non ha un apparato di difesa comune ed ha in comune solo la sudditanza a quell’egemonismo tedesco che ha indirizzato la sua volontà di potenza solo sul terreno dell’espansionismo economico.

La stessa incertezza grava sul secondo effetto collaterale, quello che riguarda direttamente il nostro Paese. Qual è la politica dell’attuale Governo nei confronti del fenomeno migratorio di ampie dimensioni? Al momento si sa solo che l’idea della ripartizione dei profughi in Europa è fallita, che i rimpatri risultano impossibili e che gli accordi con Paesi-fonte dell’immigrazione si rivelano sempre di più carta straccia.

Qual è, allora, la politica italiana sull’immigrazione? Boh!


di Arturo Diaconale