Dieci anni di demagogia

Sul decennale del Movimento 5 Stelle, festeggiato in pompa magna a Napoli, non c’è molto da dire. Arrivati al governo del Paese dopo aver intercettato un crescente rancore diffuso in ogni ambito della società italiana, oggi i seguaci di Beppe Grillo hanno chiaramente perso la loro rivoluzionaria spinta propulsiva, dal momento che si sono fatti Stato, come ha predicato a lungo Alessandro Di Battista.

In altri termini, non possono più sparare la loro proverbiale pallottola d’argento dell’antipolitica, in quanto ora – dopo essersi alleati con le due principali forze della destra e della sinistra – sono riusciti in poco più di un anno ad emulare la vecchia Democrazia cristiana, rinnovando la ben nota linea dei due forni.

E lo hanno fatto per evidenti ragioni legate al mantenimento delle loro poltrone, così come nel mondo degli umani è ragionevole che accada. Solo che l’elettorato poteva ancora chiudere un occhio dopo il connubio vissuto con la Lega, ma non certamente nei riguardi dell’alleanza col Partito Democratico; quest’ultimo identificato a lungo dai grillini quale emblema del male assoluto.

In tal senso, quel “stiamo dando una narrazione al Pd, è meraviglioso”, espressa dallo stesso Grillo nell’Arena Flegrea, travalica i limiti della più autentica comicità involontaria, proprio in rapporto alla valanga di merda e di insulti che il popolare uomo di spettacolo ha riversato per anni e anni sullo stesso Pd.

Tutto ciò, poi, è aggravato da due elementi incontestabili: gli infimi risultati della loro azione di governo e l’assenza di un progetto strategico per il Paese degno di questo nome. Il sistema economico è praticamente bloccato al confine tra stagnazione e recessione vera e propria e i rappresentanti più autorevoli del M5S continuano ad annunciare svolte e cambiamenti epocali prive di alcuna base concreta. A meno che non si voglia far passare il demagogico taglio dei parlamentari per una riforma in grado di cambiare nel profondo la società italiana.

In realtà, che i membri delle due Camere rimangano 945 o si riducano a 600, il problema di fondo di un non-partito manifestamente incapace di elaborare una visione sui principali nodi sistemici che affliggono il Paese, a cominciare da un debito pubblico colossale reso ancor più insostenibile dalle “magie” pentastellate, resta immutato. Una volta che il popolo, per quanto confuso possa essere, ha potuto sperimentare che sotto il vestito politico dei grillini non c’era praticamente nulla, sarà quasi impossibile riportarlo all’ovile con le chiacchiere e le celebrazioni apologetiche.

Aggiornato il 14 ottobre 2019 alle ore 10:56