Perché una Destra Liberale

giovedì 17 ottobre 2019


C’è da essere fortemente preoccupati e spinti all’azione per una destra unita e d’impronta liberale, dalla ormai chiara involuzione della sinistra occidentale, che, pur tra mille contraddizioni, sta assumendo quasi le caratteristiche di quella rabbiosa intolleranza che fu propria del comunismo e senza nemmeno la sua, seppur rozza e totalitaria, fiducia nel progresso.

Anzitutto il problema della libertà di espressione e di pensiero. Sono sempre di più le leggi, italiane e internazionali, che pongono limiti alla libertà di pensiero ed alla sua esternazione e per di più applicate nelle interpretazioni più estensive, fino a comprendere anche atti e fenomeni che poco avrebbero a che fare con il loro dettato e fino a lambire autoritariamente tutti i campi. Qualunque rivendicazione di una propria identità storica e culturale diviene razzismo da punire, qualunque critica agli omosessuali e alle loro lobbies diventa “incitazione all’odio” e rischia una sanzione, il biasimo all’azione di penetrazione “politica” di talune religioni diviene discriminazione religiosa e perfino una critica storiografica appena revisionista o semplicemente non manichea, è diventata pericolosa.

Nella prassi, ancora peggio, si sono moltiplicate le richieste di scioglimenti di movimenti politici di destra, così come sono aumentati i presidi aggressivi contro le manifestazioni dei partiti, anche moderati, di quella parte, mentre le contestazioni di qualunque vittoria elettorale conservatrice sono immediate e rabbiose. Basta vedere come reagiscono le sinistre, dagli Stati Uniti all’Italia, dalla Polonia all’Ungheria, a libere scelte elettorali che a loro piacerebbe tanto poter interdire su di un piano mondiale.

Tutto questo sta diventando (o ritornando) un carattere distintivo delle sinistre, sia italiane che internazionali. Il “politically correct” è ormai il sigillo della nuova intolleranza e tende ad estendersi a tutto, dalla larvata criminalizzazione del semplice corteggiamento uomo-donna, alla insinuante diffidenza per la chimica, fino alle grottesche accuse di assassinio degli animali lanciate da certi animalisti vegani, mentre contemporaneamente si mina il concetto di unicità e inviolabilità della vita umana. E tutto questo in un mondo in cui il villaggio elettronico globale ha aperto la strada a nuove opportunità, ma anche ad enormi nuovi rischi, col Grande Fratello divenuto informatico. E il bello è che “i nuovi compagni” più diventano intolleranti, più amano definirsi liberali o almeno liberal, quando sono la più sfacciata negazione della liberal-democrazia, sempre più assente dalla loro concezione ed incompatibile coi loro comportamenti. Il divieto e la sanzione, al posto del confronto delle idee, il proibire quasi tutto e ciò che non è proibito renderlo obbligatorio.

Ancora peggio quando si passa dalla politica all’economia ed ai comportamenti individuali. Del tutto incapaci di comprendere veramente il ruolo della libertà in economia, affondano l’iniziativa privata in un mare di regole e ne chiedono sempre di nuove, confondendo il capitalismo di Stato con il libero mercato. Come lo studente che copia senza capire, sono diventati solo “mercatisti” senza darsi la fatica di intelligere, di comprendere che non esistono formule facili da applicare e che, ad esempio, una limitata e concordata politica di dazi doganali, può, in certi casi, evitare le pericolose monocolture agricole o industriali, in favore di una situazione più diversificata e meno dipendente dai rischi di crisi del commercio mondiale. Lo stesso sul piano dell’energia e dell’ambiente, si dà per già dimostrata una responsabilità umana nel riscaldamento globale per effetto serra e poi si demonizza la forma di energia che meno di tutte lo provoca: quella nucleare.

Sul piano dei diritti individuali, poi, la sinistra ha portato ad una compressione violenta delle libertà personali, dal giustizialismo, che con la cultura del sospetto ed il carcere preventivo ha indebolito lo stato di diritto e le garanzie dei cittadini, alla vanificazione del diritto di proprietà, oggi reso precario dai troppi poteri attribuiti alle autorità, che, con il “vincolismo selvaggio” e le vessatorie tasse sugli immobili, stanno riportandoci all’Alto Medioevo del signoraggio del potere sulla proprietà privata. Ma dove la sinistra ha dato il peggio di sé è nell’aver annullato la speranza del Futuro. Ancora lungo tutti gli anni Cinquanta e Sessanta, lo spirito della vecchia Europa, sposato all’ottimismo americano, fu il motore che continuò a spingere i pionieri “sempre più ad Ovest”, verso il futuro. Il desiderio di libertà era vivo e vitale nella Nuova Frontiera di John Kennedy e Wernher von Braun, per trovare poi la sua più completa espressione nell’America di Ronald Reagan. Quello spirito, quell’eterno, irrequieto, spirito occidentale, ci portò sulla Luna. Pensavamo al futuro, non solo per idearlo e costruirlo, ma soprattutto per realizzare le condizioni per poterlo avere, un futuro.

Penso a questo, oggi che quello spirito va ritrovato, oggi che non riusciamo ad uscire da una crisi di inizio millennio, ripiegati in noi stessi, in preda a dubbi, angosce e prediche catastrofiche di bigotti, guaritori, nichilisti e santoni. Penso a questo oggi, che è più che mai necessario riprendere il nostro cammino, per continuare a vivere da uomini. Non sbarcammo sulla Luna per un sogno, per le ricadute economiche o per motivi di prestigio, ma essenzialmente per assicurarci un futuro. Quel giorno agimmo per assicurarci l’unico futuro non solo auspicabile, ma realisticamente possibile: un futuro di libertà. Non credo che potremo assicurarci un futuro col numero di figli stabilito per legge, lo spionaggio informatico, le professioni e le attività economiche sempre più regolate, lo spazio individuale a disposizione rigidamente fissato, una massificazione dei comportamenti sempre più accentuata, una fine di tutte le differenze e le tradizioni, una pesante tutela internazionale contro le nazioni e i popoli, senza provocare una crisi di follia generalizzata, follia che sola, oggi, potrebbe condurre a una guerra globale o a un perenne stato insurrezionale. Perché questo è il pericolo insito nella “crescita zero”, che non solo non esiste in natura, dove tutto invece cresce o decresce, ma è forse la più pericolosa utopia mai concepita dal pensiero di sinistra. Il pericolo di considerare l’uomo solo come una perturbazione di un preconcetto ordine naturale (preconcetto perché nella natura l’uomo invece c’è) o addirittura come un peccatore degno di scomparire o almeno da irreggimentare e comprimere, prescindendo completamente dalle sue inclinazioni e tendenze. Ecco perché lo Spazio, allora, lo Spazio assicurerà la crescita futura e con essa la prosecuzione della nostra avventura di esseri umani.

Già oggi però dobbiamo cominciare a prepararci, sia per essere pronti quando realmente servirà, sia per avere - da subito - il beneficio di sapere che c’è una prospettiva di futuro per le prossime generazioni, nostra necessità psicologica e nostro dovere etico. È in questa prospettiva, che la conservazione dell’ambiente, la lotta agli sprechi, la moderazione dei consumi, diventano vero buon senso, perché servono a darci il tempo di preparare la grande avventura, invece di essere il prologo di una futura immensa galera. E la storia umana, cominciata con la lotta al fuoco, al freddo, alla fame, continuerà.

Non è compito di noi, cittadini di oggi, colonizzare i pianeti, i figli dei nostri figli lo faranno, ma nostro compito è creare le premesse scientifiche, tecniche e morali, perché essi lo possano fare quando diverrà insieme possibile, necessario e urgente. Saranno pionieri spinti dall’interesse e dall’avventura i colonizzatori, oppure deportati e perseguitati? Anche questo dipenderà da noi, dalla nostra capacità di avere o no difeso e sviluppato la democrazia liberale e le sue libere istituzioni. A tutto ciò invece si oppone, tradendo le ipotesi di socialismo nella libertà, la sinistra occidentale (e purtroppo in molte delle sue articolazioni) ormai ricaduta nel clericalismo della sostituzione della ragione con la Dea Ragione, rifiutando il dubbio e la ricerca come metodo. La sinistra ormai non è più solo un pericolo per la sopravvivenza della nostra concezione liberale del mondo, ma è un pericolo potenziale per la semplice convivenza nel mondo stesso, con la sua intolleranza e il suo giacobinismo, col radicalismo esagitato delle sue troppe guerre sante finte e la sua grave sottovalutazione delle troppe guerre sante vere. La sinistra non solo non aiuta certo la soluzione dei problemi, ma ne crea di nuovi e falsi. La sinistra, purtroppo, si è di nuovo messa in marcia verso il nulla. E la destra dovrà allora non solo essere liberale, ma raggrupparsi in tutti i Paesi attorno al suo movimento più forte e poi raccordarsi sul piano internazionale - come facemmo in Italia il 18 aprile del 1948 - per difendere l’idea della libertà e questo a beneficio di tutti, anche di coloro che ne hanno di nuovo smarrito il senso o non l’hanno mai avuto.


di Giuseppe Basini