La crisi di Forza Italia dipende dalla “chimica”

Gli umbri non hanno premiato Forza Italia, che si è fermata al 5,5 per cento. Silvio Berlusconi si è rallegrato del risultato raggiunto dalla coalizione di centrodestra, ma non ha mostrato preoccupazione del magro risultato del suo partito, né ha manifestato, almeno pubblicamente, l’intenzione di voler modificare la sua struttura e la sua azione politica, così da rassicurare i militanti, assecondare le richieste di molti suoi parlamentari e tentare la rimonta alle prossime tornate elettorali.

Se è umano che reclami per sé la scelta del destino del partito, avendolo creato e fatto crescere, che protegga il suo operato e i suoi progetti, che mostri con orgoglio i risultati degli anni di governo e li mostri come vittorie ineguagliate, che ad esse rimandi costantemente negli “appelli” agli elettori sperando di riaccendere in loro la memoria storica delle glorie trascorse, è altrettanto umana la preoccupazione di chi vede nell’immobilismo l’inizio della fine.

Continuare a tenere premuto il freno, infatti, può significare condannare il partito a scomparire. Ragionando seriamente, questa è una constatazione difficilmente controvertibile. Gli elettori seguiranno sempre di più altre “offerte” perché il consenso si ciba non soltanto di storia e racconti valoriali astratti, ma anche e specialmente di sentimenti, che possono essere eccessi solo da una narrazione concreta e fortemente proiettata nel futuro, per questo convincente.

L’elettore “medio” vota soprattutto col sentimento, più che con la razionalità: il suo voto è anzitutto guidato da quel che prova, e solo dopo, casomai, da ciò che pensa. E quello che prova deriva dall’interazione di milioni di neuroni che in una frazione di secondo calcolano la probabilità di riuscita di un progetto. Semplificando molto, la catena neuronale si diverte a scommettere sul futuro, è come se si sedesse al tavolo da gioco delle probabilità. Questo processo si svolge sotto la soglia della nostra consapevolezza, ma le neuroscienze e dopo l’economia comportamentale hanno ormai dimostrato col metodo scientifico come sia la “chimica” a farci decidere: tanto più i neuroni percepiscono alta la probabilità che un progetto si possa realizzare, tanto più quel progetto diventa credibile e tanto più grande è il sogno che esso accende, tanto più alta è la sua approvazione individuale e poi collettiva.

Il meccanismo appena descritto si ripete, pari pari, nella cabina elettorale. Ecco perché, per Forza Italia, l’emorragia dei voti non sarà contenibile se non interverranno modifiche profonde nella struttura e nel programma politico. Questo discorso, in realtà, si potrebbe ripetere anche per altri partiti. Ma la specificità di Forza Italia sta nel fatto che, mentre nel campo della sinistra i valori fondanti sono patrimonio comune a più partiti, nel campo della destra il solo in grado di rappresentare i valori liberali è il partito azzurro. È il solo che può o potrebbe realmente controbilanciare le ideologie della destra sovranista, di quella xenofoba e antisemita, di quella marcatamente populista e della destra sociale, che in economia, welfare e fisco ha politiche spesso contrarie ai valori liberali e confinanti con quelle dei partiti di sinistra.

Per tutti questi motivi Forza Italia non può uscire dalle prossime elezioni nazionali con una manciata di voti. Non può diventare un partito di serie B: ne andrebbe dell’equilibrio della politica italiana, della coalizione e anche della credibilità di un’intera classe dirigente.

“Siate realisti, chiedete l’impossibile”, scrisse Albert Camus in Caligola. Era il 1944, uno degli anni più bui della storia dell’umanità. Lui osò, dopo pochi mesi fini la guerra e lui vinse il premio Nobel.

Aggiornato il 31 ottobre 2019 alle ore 10:56