La mission di una Destra Liberale

Da osservatore da tempo schierato col buon senso e con la realtà dei fatti, che come è noto hanno la testa molto dura, non posso che apprezzare l’operazione culturale che sta realizzando il mio grande amico Arturo Diaconale, tesa a raccogliere intorno all’Opinione le energie disperse della destra liberale. Una destra “che non abbia come tratto caratteristico quello di una moderazione divenuta sinonimo di passività di una sinistra che non ha più motivazioni oltre quella della rabbiosa nostalgia per il potere frenante. Ma che sia liberale, liberista e libertaria in maniera intransigente”.

Fin qui non posso che sottoscrivere in toto il messaggio di Diaconale, nella speranza che però esso non finisca ancora una volta dentro una bottiglia lasciata a vagare tra le onde del mare, come troppe volte è accaduto nell’ambito della assai dispersa nebulosa liberale.

In estrema sintesi, il grande ostacolo che nelle moderne democrazie incontra chiunque voglia rifarsi alle idee del grande Luigi Einaudi e a quelle di tanti altri illustri pensatori liberali si chiama “ricerca del consenso”. Una ricerca del consenso che, soprattutto in Italia, ha spinto le forze politiche a farsi la concorrenza essenzialmente a colpi di spesa pubblica, scaricando sulle spalle delle future generazioni il peso di un debito mostruoso, la cui tenuta è attualmente garantita dalla nostra permanenza nella moneta unica europea. Qualcuno ha correttamente definito questa attitudine politica, se così vogliamo chiamarla, “democrazia acquisitiva”, ovvero la propensione a cercare di comprarsi legalmente il consenso attraverso la promessa di sempre nuovi benefici da distribuire a pioggia, vuoi sotto forma di trasferimenti diretti, come bonus, sussidi di cittadinanza o pensioni anticipate, e vuoi come tagli della fiscalità da realizzare in disavanzo, promettendo di rientrare attraverso chimerici moltiplicatori d’Egitto.

D’altro canto, occorre sottolineare, dato che così fan tutti, non possiamo pretendere improbabili svolte reaganiane da chi, in un dato momento storico, si trovi ad occupare i gradini più alti di quel mondo fatto a scale della politica, essendo riuscito meglio di altri a raccontare la favola di un futuro governo in grado di tagliare le imposte, aumentare le pensioni, che da noi costituiscono un fardello sempre meno sostenibile, e incrementare le spese per gli investimenti pubblici. Possiamo però svolgere un ruolo critico, sostenendo in modo intelligente e ragionevole i presupposti liberali, liberisti e libertari richiamati dal nostro direttore.

In tal senso, tanto per fare un esempio concreto, di fronte alla rinnovata proposta avanzata da Giorgia Meloni, leader indiscussa di Fratelli d’Italia, per un tetto costituzionale del 40 per cento alle tasse, una destra liberale non potrebbe che plaudire, ma ponendo con fermezza un analogo limite alle spese, onde evitare di utilizzare in modo del tutto demagogico, e dunque sterile, il tema arroventato del fisco. Tant’è che la stessa Meloni, durante un incontro elettorale in quel di Perugia, nello stesso intervento in cui perorava il citato tetto fiscale, ha proposto di istituire il reddito di infanzia al posto di quello grillino di cittadinanza. In tal senso siamo proprio in quel vasto territorio, oramai battuto più o meno da tutte le forze in campo, in cui vige la filosofia politica della botte piena con moglie ubriaca. Una filosofia politica che dovrebbe invece stimolare le potenziali capacità critiche di una destra liberale la quale, prima di ogni considerazione di alta politica, avrebbe il compito di gettare sul tappeto la seguente domanda: ma chi paga?

Una domanda niente affatto retorica la quale sottende tutta una serie di obiettivi politici che un autentico liberale non dovrebbe mai dimenticare, tra cui la ricerca di un equilibrio strutturale nel bilancio dello Stato all’interno di un sistema in cui siano garantite nei numeri le principali libertà economiche. Va da sé che sotto questo profilo, nell’ambito di un Paese in cui la sfera politico-burocratica risulta particolarmente invasiva, appare prioritaria una seria battaglia per la riduzione significativa dell’attuale perimetro pubblico, altrimenti si corre il rischio molto serio di produrre solo una massa di inutili chiacchiere. Occorre invece armarsi di coraggio e di coerenza politica, esprimendo una linea civile ma che non faccia sconti a nessuno, in particolar modo sulle nodali questioni economiche e finanziarie che affliggono da tempo l’Italia.

Aggiornato il 04 novembre 2019 alle ore 10:40