La Destra Liberale svela l’inganno del “politicamente corretto”

giovedì 7 novembre 2019


Benvenuta Destra Liberale! Per il solo fatto di esistere, apporta un po’ di chiarezza nel panorama politico italiano, in preda alla confusione delle lingue. Non si può essere autentici liberali, condividendo l’eterna aspirazione, propria di ogni socialismo, rivoluzionario o riformista, utopistico o gradualistico, di “migliorare” la società, indirizzandola verso una meta prefissata dall’ideologia. Ieri questa meta era individuata all’interno delle coordinate marxiste, come sbocco della lotta di classe; oggi che la “dittatura del proletariato” ha perso il suo fascino e tuttavia sopravvivono le suggestioni anticapitalistiche di un tempo e persiste comunque la demonizzazione dell’impresa, è individuata nell’alveo del “politicamente corretto” e viene declinata in termini di “amorevole” cura dell’ambiente, del “diverso”, dell’immigrato ancorché irregolare. Va da sé che la sinistra ha il monopolio di codesta “correttezza” e ne segna il territorio, tacciando gli avversari politici di populismo, sovranismo, fascismo.

È vero proprio il contrario e Destra Liberale nasce, appunto, per additare agli italiani il “re nudo”. L’invettiva contro l’avversario politico è segno di intolleranza e arroganza intellettuale, di per sé. Ma c’è di più. Il politicamente corretto non può che ergersi a pensiero unico e non può che avere carattere “correttivo” e autoritario. L’ha capito anche il “pentito” Barack Obama, sia pure in ritardo e dopo aver contribuito in grande misura a far crescere i frutti nefasti del seme dell’intolleranza. Ma, comunque, meglio tardi che mai; buon per lui; peccato che i suoi amici italiani non se ne pentano alla stessa maniera. Essendosi gravati dell’enorme peso di dover indicare al popolo ignorante la via della felicità, sono costretti a immaginare sempre nuove “fobie”, ammonendo e diffidando le pecorelle smarrite. L’islamofobia si aggiunge così all’omofobia; questa al pregiudizio razziale e questo all’antisemitismo. Si è creato un nuovo tribunale dell’anima, sul modello della Santa Inquisizione.

Non tutti però si sono accorti che il politicamente corretto pende da una parte e ci vede da un occhio solo. Qualche anima candida crede ancora nella neutralità di cotanta bontà, fatta buonismo e cioè, in ultima analisi, ideologia politica. A tal proposito la vicenda della commissione parlamentare, proposta dalla senatrice Liliana Segre, dovrebbe essere istruttiva ed emblematica. La veste buona e il pulpito autorevole nascondono gravissime insidie per la libertà di opinione e di parola di tutti noi; per di più il “grande fratello” orwelliano, prefigurato nella proposta Segre, risulta decisamente orientato a sinistra, nel venturo esercizio delle sue funzioni, invero molto fumose, di controllo e indirizzo.

 La commissione d’inchiesta è nominalmente e ufficialmente diretta a contrastare “i fenomeni dell’intolleranza, del razzismo, dell’antisemitismo, e dell’istigazione all’odio e alla violenza”. Le sue finalità, così enunciate, appaiono nobili, rassicuranti e idealmente condivisibili. Ma, entrando nel merito, sorgono i primi dubbi. Innanzitutto, quale sarebbe l’elemento nuovo che giustifica l’ennesima e costosa commissione d’inchiesta? Non sono già presenti nell’attuale legislazione, anche penale, mezzi di contrasto efficaci contro le manifestazioni dell’odio e della violenza? Ulteriori dubbi sorgono sulle funzioni e sull’oggetto della commissione. Come e cosa devono inquisire i parlamentari, in veste di commissari inquirenti? Le loro funzioni di polizia del pensiero saranno corredate dei poteri ispettivi e investigativi degli organi di Polizia Giudiziaria, con accesso agli atti processuali?

Ma veniamo al più rilevante punto dolens. I compiti di indirizzo e di controllo della costituenda commissione hanno confini molto incerti, potenzialmente molto lati, perché abbracciano tutte le manifestazioni di odio e intolleranza, basate sull’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre condizioni fisiche o psichiche. In questo indefinito mare magnum potrebbero rientrare, per esempio, le espressioni di pensiero, a sostegno dell’esclusività del vincolo matrimoniale tra uomo e donna o dirette a negare la possibilità di affidare figli adottivi alle coppie omosessuali. E che ne sarebbe dei programmi politici sintetizzati nello slogan “Prima gli italiani”? Incorrerebbero negli strali e nelle reprimende di solerti e occhiuti commissari, che si autoinvestono del compito salvifico di promuovere il “Bene Universale”, incriminando qualsivoglia opinione “discriminatoria”? Si consideri poi che il bersaglio ideologico delle funzioni di “controllo” e “indirizzo” della commissione è “molto ampio, ma con qualche omissione” (come ha fatto notare Luca Ricolfi): razzismo, antisemitismo, l’antiislamismo, il nazionalismo aggressivo (chi giudica il livello di aggressività?) e persino l’etnocentrismo, ma non vi rientrano l’anticristianesimo e l’antioccidentalismo. È noto infatti che nel politicamente corretto non c’è posto per la difesa, né dei valori occidentali, né delle radici cristiane della nostra civiltà.

Da veri liberali, condividiamo l’idea di Carlo Nordio che “l’odio, l’ignoranza e soprattutto la stupidità vanno combattuti con la cultura e la saggezza. La libera competizione delle idee e dei programmi politici non può essere limitata in alcuna maniera”. Ecco perché Destra Liberale apporta chiarezza nell’odierno panorama politico italiano. Ha il pregio di discernere e discriminare il “grano dal loglio”, palesando che la libertà non può andare a braccetto con il dirigismo dello Stato, tanto più quando le autorità pubbliche sono investite delle funzioni di “indirizzo” e “controllo” delle manifestazioni di pensiero. L’apologia dello Stato e del suo dirigismo, ovviamente finalizzato al nostro “sommo Bene”, appartiene alla sinistra e ne costituisce il corredo genetico; mentre nell’opposto campo politico, nel quale non alligna la pretesa dell’omologazione a tutti i costi, c’è posto per la difesa della libertà individuale in sintonia con i valori fondanti della nostra civiltà; c’è spazio perciò per una Destra Liberale, che rifugge dall’autoritarismo e promuove l’autentica tolleranza del pluralismo delle idee e dei programmi.


di Michele Gelardi