A proposito di Nicosia e del Partito Radicale

venerdì 8 novembre 2019


Ho avuto notizia del “caso Nicosia” e del suo arresto con un po’ di ritardo, tanto che ad una persona che me ne voleva parlare telefonandomi dalla Sicilia ho risposto dandogli probabilmente l’impressione di volermi sottrarre ad ogni accenno a quell’argomento. Certo non ho molto da dire in proposito se non che alcuni miei amici posseggono la virtù della schiettezza e dell’ottimismo in misura pericolosa per loro stessi e, magari, anche per gli altri. Dico subito che, benché abbia rotto (o mi abbiano rotto) ogni rapporto con il Partito Radicale oramai da molti lustri, non posso non provare un senso di ribellione di fronte alla “scoperta” di un Partito Radicale e di un “esponente radicale” di nome Antonello Nicosia, e di attività dell’uno e dell’altro nel campo della giustizia e del mondo carcerario che all’improvviso sono venuti fuori per giornali, giornalai e simili.

Il caso non è forse così semplice come sembra, ma, ciò malgrado, e malgrado la mia lunga esperienza su certi ambienti politico-giudiziari, che si arrivi a “creare” un partito per potergli far carico di oscuri legami con la mafia, mi pare veramente eccessivo.

Per me il Partito Radicale è finito, cancellato fin quasi nella memoria, da quando se ne era proclamata la ridicola “transpartiticità” e “transnazionalità”. Ma per alcuni miei amici era rimasto il desiderio di un mio “riavvicinamento” a quel nulla ed a quell’assurdo ed anche la pretesa di definire radicale quel po’ di attività politica che ho continuato a svolgere con alcuni di loro specie nel campo politico-giudiziario. E, poi, c’erano quelli, i “transnazionali” che non avrebbero disdegnato di “mettere il loro cappello” su quel minimo di movimento garantista, delle libertà repubblicane e dei diritti civili di cui la mia attività e quella di qualche mio amico hanno lasciato traccia non solo nel campo di questioni giudiziarie. Così ho avuto la sensazione che qualcosa del genere avvenisse in Sicilia, dove ho cercato di sollevare una certa reazione contro la soppressione delle garanzie personali e patrimoniali imposta in nome della “lotta alla mafia” e di certi personaggi “Antimafia” che potete immaginare. Con un implicito desiderio di questo mio “riavvicinamento”, mi vennero a trovare, in occasione, credo, di qualche convegno cosiddetto radicale, alcuni cari amici. Con loro, c’era un siciliano che non conoscevo, che tanto tempo dopo seppi essere questo Antonello Nicosia. Non nego di essere stato sempre contrariato e un po’ seccato dall’insistere di certi miei cari amici, nel voler considerare in vita un Partito Radicale, di non voler prendere atto che la “transpartiticità” ne era la formale dichiarazione di scioglimento, come era stata l’irreversibile ragione della mia sostanziale espulsione.

Questo Nicosia, amico, a quel che mi si dice dei “Radicali Italiani”, mi pare praticasse, però, la “transpartiticità”, avendo preferito fare l’“assistente parlamentare” (il portaborse, come si diceva ai miei tempi) di una parlamentare di non so più quale partito. Ma, avvenuto l’arresto, giornalisti e giornalai non hanno dubitato che fosse da considerare un “esponente radicale”.

Ma veniamo al dunque. Nicosia avrebbe fatto da tramite, da latore di messaggi segreti tra detenuti, con i quali sarebbe venuto a contatto durante le visite della parlamentare, di quel non so bene quale partito, e la “mafia esterna”. Però l’unico messaggio di cui ci viene esposto il contenuto mi pare che sarebbe quello relativo ad una lagnanza di un detenuto congiunto di un latitante importantissimo in ordine, alla sua situazione pericolosa in carcere. Un po’ poco ed un po’ poco misterioso come “messaggio segreto”.

Poi ci sarebbero le intercettazioni. Nicosia “parlava male” dei magistrati, del culto di quelli morti etc. etc.. Ed avrebbe anche proclamato Matteo Messina Denaro capo del governo (al posto di Giuseppe Conte?) o qualcosa del genere.

Ma c’è poco da scherzare. Quello di Nicosia ha tutto l’aria di essere un caso costruito con un lungo e sproporzionato lavorio di intercettazioni (ma non solo). Se veramente si fosse valso della sua qualità di “assistente parlamentare” per fare il “messaggero” la cosa sarebbe grave (specie, però per la parlamentare coinvolta e, guarda caso, subito “assolta”). Se, poi, i nostri magistrati sono convinti che la gente, non solo i mafiosi, anzi, direi, non tanto i mafiosi, parli di loro con reverenza e rispetto c’è da essere allarmati per la loro ingenuità.

Auguro a Nicosia, se è stato solo un po’ farfallone e chiacchierone, di dimostrare la sua innocenza (anche se non so bene di quale reato). Auguro ai suoi amici di non subire pregiudizi per la loro buonafede. Dovrei fare qualche considerazione, anzi vorrei proprio farla, sui mille modi che pare ci siano per far rivivere le cose che non ci sono più, quale il Partito Radicale. Ma è meglio che me ne astenga.


di Mauro Mellini