La riforma non procrastinabile

Dice Giancarlo Giorgetti che, per uscire dall’impasse politico-istituzionale, bisogna sedersi ad un tavolo, riscrivere alcune norme della Costituzione e riformare la legge elettorale.

Delle norme che regolano le consultazioni, dico subito, preferirei non parlare. Intanto, perché dubito che qualcuno accetti i rischi connessi al maggioritario (qui, come dico da anni, si va al Governo anche perdendo le elezioni); in secondo luogo, perché - ma guarda un po’ - la maggioranza non vuole neppure le elezioni, figuriamoci il maggioritario.

Anche la riforma costituzionale, però, non incontra molti favori. Dalla Commissione Bozzi in poi, la Storia registra un filotto di naufragi senza eguali: esclusi alcuni ritocchi (le guarentigie dei parlamentari, il 117, il 111, il pareggio di bilancio), nessun tentativo di approccio organico è andato in porto. Due, poi, sono stati direttamente bocciati dagli elettori.

Ora, finalmente, parla uno che ragiona cum grano salis e propone una Costituente. Era ora.

Al caro Giorgetti - che sa molto di politica e comprende il diritto - voglio dire una cosa: se deve essere Costituente, sia fatta da persone che non rivestono (e per 5 anni non possono rivestire) la carica di parlamentare. I fenomeni pentastellati teneteveli pure alla Camera e al Senato. Scegliete gente che sa di che cosa parla e riservatevi il diritto di giudicare il prodotto. Assegnate termini precisi e non derogabili. Attribuite un mandato definito.

Se farete questo, è possibile che il Paese ne tragga giovamento. Se replicherete il passato, cadrete negli stessi errori e sarete sconfitti dagli elettori, i quali, si sa, hanno ragione per definizione.

Aggiornato il 14 novembre 2019 alle ore 17:32